La benzina sta subendo un grande aumento di prezzo a causa dei continui rincari. La situazione si fa dura per gli automobilisti.
In Italia non è un buon periodo per gli amanti degli spostamenti in automobile. La recessione sta colpendo praticamente tutti i settori, e la pandemia di Coronavirus ha causato danni economici che difficilmente verranno risanati nei prossimi anni. La mazzata colpisce anche il settore auto, a causa di un forte aumento dell’usato e, soprattutto, della benzina.
Assieme all’aumento delle tariffe riguardo a gas e luce, schizzate in alto e quasi raddoppiati in questo inizio di 2022, anche il carburante sta salendo alle stelle. Secondo gli studi effettuati dal Mise, poi commentati anche dal Codacons, il costo della benzina ha raggiunto addirittura il +19,4% rispetto allo stesso periodo del 2020, corrispondente agli ultimi atti di vita “normale” prima dell’esplosione del Covid-19.
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Più o meno, ogni pieno di benzina sta aumentando di circa 13 euro rispetto a due anni fa, ed infatti, con meno di 60 euro in media è impossibile riempire il serbatoio. Nel 2021, ogni famiglia italiana ha speso circa 324 euro in più rispetto all’anno precedente, un numero destinato a far rabbrividire e che non promette nulla di buono per il futuro.
I rincari sul combustibile hanno diversi motivi, che proviamo a spiegarvi. Uno dei primi è la ripresa economica dopo i vari lockdown che hanno sconvolto il mondo lo scorso inverno, ma anche il mancato accordo tra i Paesi dell’Opec (cartello dei principali esportatori di petrolio) sull’aumento della produzione di greggio. Tra i sopracitati paesi dell’Opec è mancato l’accordo fondamentale durante i summit svolti a Vienna.
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Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non sono riusciti a trovare un punto in comune, ed essendo i due stati più influenti riguardo a benzina e petrolio, tutti gli accordi sono andati a monte. Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno effettuato enormi investimenti sui giacimenti di petrolio e gas, hanno chiesto di aumentare la loro produzione, rivedendo quindi gli accordi generali sui tagli che tutti i paesi acquirenti hanno il dovere di rispettare. La richiesta è stata respinta da diversi Paesi dell’Opec, prima tra tutti l’Arabia Saudita, ponendo un freno così anche agli obiettivi di altri stati come Azerbaijian, Kuwait, Kazakistane e Nigeria, che sperano di poter aumentare a breve la loro produzione.
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