Leandro Castàn, classe 1986, è certamente uno dei calciatori brasiliani più sfortunati dell’ultimo decennio.
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Mancino puro, come i celebri connazionali Cafu e Roberto Carlos, grande tecnica, straordinaria forza fisica. Meno qualità nei piedi, probabilmente, rispetto ai due “piedi sinistri fatati”, ma straordinaria duttilità, soprattutto perchè nel corso della sua carriera imparò molto presto a difendere oltre che a impostare. 30 e 36 presenze nelle prime due stagioni alla Roma, Castàn, arrivato nella Capitale già maturo di una lunga militanza nel Corinthias (fatta eccezione della fugace parentesi svedese con l’Helsingborg), forte di una lunga gavetta nel suo Paese di origine, si prende subito la fascia della Roma e impressiona per autorità e carisma.
Non ci sono dubbi, Leandro sembrava destinato a una lunga carriera “italiana”, dove siamo, da sempre, innamorati dei brasiliani. E dove i mancini della fascia che arrivano da San Paolo e dintorni sono per noi poesia allo stato puro. Castàn fa parlare di sè soprattutto per la continuità di rendimento e la Roma ha bisogno di tutto questo, tanto è vero che decide per il rinnovo, fino al 2018.
E’ nel 2014, però, che il destino avverso si abbatte su Leandro, senza pietà. I primi malesseri fisici, le emicranie, i problemi alla vista: diagnosi allucinante, da brividi, a 26 anni appena compiuti. Tumore al cervello. Lo chiamano “cavernoma”, nome che mette paura solo a pronunciarlo, figuriamoci a sapere di avere in testa “suddetto mostro”. Castàn vive momenti di depressione, vuole smettere con il calcio giocato, ma la vita viene prima di tutto. La famiglia lo sostiene, gli amici non lo lasciano mai. L’operazione, la lenta ripresa, la cicatrice.
Ma per Leandro è complicato riprendere: fisicamente è sempre lontano dalle condizioni degli anni migliori, la Roma prova a credere ancora in lui per qualche stagione, con i prestiti a Sampdoria, Torino, Cagliari. In Sardegna e in Piemonte ci sono accenni lievissimi di ripresa, con 14 presenze, quasi sempre partendo dalla panchina.
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E così Castàn compie una scelta di vita: sceglie appunto la vita. Torna in patria, non vede altra soluzione, il calcio europeo non lo considera più. Ma qualcosa cambia: la maglia gloriosa del Vasco De Gama, la fascia di capitano. Leandro dimostra di non essere un calciatore e soprattutto un uomo finito. Anche se i fasti della Capitale e della nazionale verde oro sono lontani.
E sui social, Leandro mostra con coraggio quella cicatrice dietro la testa: la accetta, come un segno del destino, ma anche con la serenità di chi la vera battaglia, quella più dura, alla fine l’ha vinta davvero.
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