Cesare Prandelli, nessuno lo dimenticherà, dal 23 marzo scorso non siede più su una panchina di una squadra di calcio.
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Fu il giorno delle sue dimissioni, irrevocabili, dalla conduzione della Fiorentina: un campionato difficile, tormentato. Come tormentata e non facile da comprendere, per chi vive al di fuori, è l’esistenza dell’allenatore di Orzinuovi, non nuovo a decisioni difficili come quella che ha preso all’inizio di quest’anno. Dalla quale, forse, come i bene informati suppongono, non tornerà più indietro. Un incarico che lui stesso aveva fortemente voluto. In quella piazza, che allenò tra il 2005 e il 2010, quella che gli aveva permesso di “continuare” anche dopo il grande dolore, anche con risultati importanti. Che lui stesso non avrebbe immaginato di poter ottenere dopo quella tragedia che avvenne nel 2007.
Gli anni in Toscana, del resto, sono emblematici, e gli consentono di arrivare a un ulteriore un grande salto di qualità in carriera. Quello che lo conduce a incarico che mai avrebbe immaginato di ottenere. La panchina di commissario tecnico della nazionale azzurra per ben 4 anni, dal 2010 al 2014, un traguardo straordinario per qualunque allenatore di calcio. In precedenza aveva condotto il Parma alle primissime posizioni in campionato, con due straordinari quinti posti. Risultati che lo avevano posizionato, all’inizio degli anni duemila, come uno dei tecnici più gettonati si cui scommettere in chiave futura. Prandelli, del resto, nel primo ciclo alla corte dei viola, ottiene risultati eccezionali, che pochi dimenticheranno.
Alla prima stagione in viola centra la qualificazione ai preliminari di Champions, poi arrivano le batoste, i colpi di mannaia. Ecco lo scandalo calciopoli, i 30 punti di penalizzazione, ridotti poi a -15. Un gap pesantissimo, con il quale però Cesare Prandelli convive, come ha sempre convissuto con le difficoltà della vita. Sesto posto finale che poteva essere il terzo, senza il gap in classifica. Arrivano anche le panchine d’oro da Coverciano, Prandelli è l’allenatore del momento.
Ancora un quarto posto l’anno successivo, i viola approdano ai gironi di Champions, incredibile ma vero. Certo, poi verranno estromessi e passeranno all’Europa League, dove usciranno al terzo turno. Ma l’anno del ritorno nel calcio dei grandi rimarrà comunque memorabile. Ancora un quarto posto nella massima serie nell’anno in corso, per toccare vette successive impensabili, come gli ottavi di Champions persi contro il Bayern, dopo aver addirittura superato la fase a gironi. Arrivano anche le semifinali di coppa Italia con l’eliminazione da parte dell’Inter di Mourinho. Un quinquennio straordinario, da ricordare. Senza dimenticare che arrivò poi la Nazionale, con la finalissima persa contro la corazzata Spagna agli Europei del 2012, il suo massimo traguardo da allenatore. L’apice. Seguito dall’infausto mondiale del 2014 in Brasile. Da allora poche le gioie, tra Galatasaray, Valencia, Al Nasr e il ritorno a Firenze.
Pochi forse ricorderanno, però, un episodio precedente, quando nel 2004, prima del grande inizio del ciclo toscano, Prandelli era stato ingaggiato dalla Roma. Diede le dimissioni il 26 agosto, prima dell’inizio del campionato. Fu sostituito dal tedesco Rudi Voeller che seminò macerie. Perchè mai? Cosa accadde? Quell’anno l’amata moglie Manuela si ammalò gravemente di tumore al seno.
Fu una battaglia strenua, lunga e difficile, culminata nel novembre del 2007 con la morte di quella donna che aveva conosciuto da ragazzina, sui banchi di scuola. Che aveva sposato a 19 anni, un amore puro, intenso, fortissimo. Che portò alla nascita di due amati figli e alla creazione di una famiglia meravigliosa. Prandelli dopo un anno riprese anche ad allenare, Manuela sembrava star meglio, le cure parevano dare i loro effetti. Cesare aveva mollato tutto per starle vicino all’inizio, poi fu capace di riprendere la carriera. Sia durante la malattia, sia dopo, quando doveva convivere con la solitudine, con la tragedia.
Negli anni però, con i figli ormai adulti, e l’arrivo, come è giusto nella vita di un uomo rimasto vedovo, di una nuova compagna, Prandelli ha forse avvertito il peso delle fatiche calcistiche e dei dolori personali. Oggi, a 64 anni, avrebbe ancora una lunga carriera davanti, ma sembra aver mollato del tutto. Gli stimoli non sono più gli stessi, i risultati inevitabilmente, quelli del campo, sono venuti meno. Il calcio è spietato, non si ricorda di quanto hai fatto bene in passato. Arrivano le nuove leve, ci metti poco a uscire dal giro.
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Il calvario di Manuela, le pressioni di 40 anni di calcio tra campo e panchina. La sua nuova donna, Novella Benini, molto più giovane, classe 1971, con cui gestisce un’azienda agricola alle porte di Firenze e che lo avrebbe coinvolto maggiormente nell’ipotizzare una “nuova vita” lontano dal calcio. Con quel dolore e quel ricordo che si tiene dentro, stretto, e che grazie a Novella fa meno male, ogni giorno che passa.
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