Prosegue il crollo delle immatricolazioni delle auto. Nel mese di marzo ne sono state vendute appena 1,12 in territorio europeo.
Le progressive riaperture post pandemia non hanno aiutato finora l’automotive. La crisi delle materie prime e della componentistica ha picchiato duro in questo inizio d’anno almeno nel Vecchio Continente. E ad aggravare la situazione è arrivato anche il conflitto tra Russia e Ucraina.
Per il nono mese di fila, si è verificato un calo delle vendite rispetto al 2021 di questi tempi.
I venti di guerra di stanno ripercuotendo anche sull’acquisto delle macchine. Le famiglie europee sembrano poco interessate ad investire sotto questo punto di vista, ma soprattutto non accenna a diminuire l’impasse creato dall’emergenza Covid per cui, a seguito dei lunghi mesi di lockdown, messi in atto nel mondo e in particolare in Cina, dove il confinamento è stato piuttosto severo, si è verificata una forte carenza di chip e semiconduttori.
Per questo motivo, i produttori di veicoli sono stati obbligati a dimunire la produzione. Un problema diventato più rilevante a partire dallo scorso 24 febbraio quando hanno smesso di arrivare pure i cablaggi dall’Ucraina.
Secondo quanto diffuso dall’Acea, le vendite sono calate del 19% per un totale di 1,12 milioni.
Entrando nel dettaglio dei numeri relativi alle immatricolazioni, il Gruppo Volkswagen ha consegnato 256.579 unità, con una scivolata del 25% rispetto all’anno scorso. Stellantis si è fermata a 203.515 auto, ovvero -30,3%, sebbene la DS abbia registrato un +22% per 5083 pezzi. Il Gruppo Hyundai invece è in controtendenza è segna un +9,8% in cofronto a 12 mesi fa, con 108.397 autovetture. Positivo il riscontro della Porsche, che con 9.437 macchina sale del 13,6%. Piangono invece Land Rover, con un crollo del 54%, e Jaguar del 44%.
L’incertezza del momento ha portato le Case automobilistiche a rivedere le proprie aspettative in negativo. Una situazione che potrebbe trascinarsi fino al 2023.
Guardando ai Paesi più colpiti, abbiamo l’Italia e la Spagna al primo posto con un decremento complessivo del 30%, quindi la Francia con il 20% e la Germania con il 18%.
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