A essere meravigliato di questo grande inizio di 2022 della Ferrari è l’ex pilota Eddie Irvine, che ha elogiato anche il team principal Binotto.
Dopo due gare, la Ferrari è davanti a tutti nel Mondiale 2022 di F1. Un qualcosa che non accadeva da tanto, troppo tempo. La Rossa ha stupito tutti in questo inizio di stagione, dove ci si aspettava un nuovo duello Red Bull-Mercedes. Invece la casa di Maranello ha finalmente confermato in pista le buone sensazioni lasciate dopo i test. E ha dato vita lei al duello con il team del campione del mondo Max Verstappen, mentre quello che finora ha dominato l’era ibrida è rimasto attardato.
C’è ora in Australia da confermare queste gerarchie ma anche evitare che ci siano ritorni pericolosi degli avversari. Ma la Ferrari sa già di partire da una posizione di vantaggio e dovrà sfruttarla per cercare di conquistare l’obiettivo principale.
Ferrari, l’orgoglio dell’ex Eddie Irvine
Nei primi due appuntamenti iridati, il team principal Mattia Binotto non ha perso occasione per elogiare tutto il gruppo di lavoro, capace in due anni di lavorare sodo per arrivare a questi risultati. Una crescita da molti messa in dubbio, così come l’intera squadra. Tanto che qualche ex campione ha insinuato che la Ferrari fosse “troppo italiana”, non solo per carattere ma anche per i tanti uomini di casa a lavorarci.
“I tecnici stranieri? Ce li abbiamo anche noi, il nostro motorista è tedesco e si chiama Enrico Gual-tier, mentre il telaista è francese, Enrico Cardilé”, aveva scherzato ultimamente Binotto. Che poi aveva anche tirato in ballo un grande ex come Michael Schumacher, che ha insegnato a lui e a tanti altri il senso di leadership e un lavoro metodico e preciso, che è stato il successo negli anni d’oro ad inizio 2000. Binotto proprio su questo sta lavorando, per riportare quella “cultura Ferrari” in squadra.
Ed orgoglioso di tutto questo è anche un altro ex come Eddie Irvine, che dalle colonne della Gazzetta dello Sport si è detto sorpreso ma al tempo stesso contento della crescita della squadra e in particolare del suo ex “compagno” Binotto, che entrò nel 1995 in Ferrari come ingegnere motorista nella squadra test per poi passare nel 1997 (quando l’irlandese era al suo secondo anno sulla Rossa) al team principale. “Quello che ha ottenuto finora ha dell’incredibile – ha detto -. Sono contento per lui perché da dove era ha compiuto un passo incredibile”.
E se c’è una dote principale che ha Binotto e che Irvine mette in risalto è la calma. Quella che traspare anche dalle sue interviste, dove difficilmente è andato sopra le righe. Al contrario di tanti altri colleghi, vedi Wolff e Horner. “Non l’ho mai visto stressato – ha ammesso l’ex pilota Ferrari -. Lavorare alla Ferrari non è facile, ed è stato corretto tenere Mattia perché vuol dire che a Maranello hanno compreso che la continuità è fondamentale”. A conferma di tutto ciò ha aggiunto che per far crescere un team c’è bisogno infatti di dare tempo alle persone al suo interno di lavorare e creare la giusta empatia, oltre che un gruppo capace di esprimersi al meglio.
E lo sa bene l’irlandese, che ha conosciuto Jean Todt, del quale ha ricordato come solo al settimo anno riuscì nell’impresa di portare la Ferrari sul tetto del mondo, pur avendo già dal suo terzo anno un campione del mondo come Schumi. “In quella squadra oltre a Todt e Schumacher, c’erano Ross Brawn e Rory Byrne. Eppure c’è voluto un sacco di tempo per vincere“, ha ammesso Irvine. E ora a Binotto e al suo gruppo di lavoro servirà tempo per crescere. Anche se la Ferrari, in realtà, ha voglia di ridurre drasticamente i tempi.