Il team principal della Ferrari, Mattia Binotto, ha preso in esame il biennio iniziale della sua esperienza a Maranello. Ecco cosa è accaduto.
La Ferrari avrebbe potuto vincere con Sebastian Vettel? In quel momento storico la Mercedes con Lewis Hamilton ha dominato in lungo e in largo, riuscendo a conquistare ben otto titoli costruttori consecutivi. L’era ibrida della F1 ha visto un solo team al comando, nonostante le insidiose Red Bull e le Ferrari SF70H e SF71H. Nel 2017 e 2018 Sebastian Vettel dimostrò per larghi tratti di essere un campione del mondo, vincendo con merito 10 gare in 2 anni.
La stagione dove il tedesco guidò meglio fu il 2017, iniziando l’annata con un filotto di 6 podi consecutivi, tre trionfi e tre secondi posti. In molti si aspettavano una lotta intensa con Hamilton sino all’ultima tappa di Abu Dhabi, ma i DNF di Singapore e Giappone risultarono decisivi. Nel 2018, invece, la Rossa si impantanò nella ghiaia di Hockenheim, ponendo fine al sogno iridato. In un attimo il tedesco, a casa sua, passò dalla possibile gloria ad una batosta indelebile. Secondo molti quell’errore sul bagnato ha segnato non solo il campionato di Seb, ma anche il resto della sua carriera. Dopo essere stato vice campione del mondo per due anni di fila, nel 2019 le performance del quattro volte iridato ebbero un sensibile calo.
I motivi principali sono riassumibili in tre punti. L’arrivo di Charles Leclerc determinò uno squilibrio nella squadra che non si era mai avuto negli anni precedenti con Kimi Raikkonen. Quest’ultimo aveva sempre svolto il ruolo di fido compagno di Vettel, rinunciando anche a qualche acuto personale. In secondo luogo la Ferrari, con l’arrivo di Binotto al posto di Arrivabene, ebbe bisogno di un reimpostazione fisiologica, sebbene parte del muretto fosse rimasto lo stesso. Per questo motivo è paradossale parlare di squadra giovane e paragonare il lavoro svolto dall’ingegnere di Losanna con quello di Jean Todt. Dopo un inizio di stagione complicato, la SF90 divenne un’auto vincente con l’introduzione di un aggiornamento motoristico molto discusso.
La squadra, infatti, finì sotto l’occhio del ciclone della FIA dopo le sorprendenti prime vittorie, post summer break, di Charles Leclerc a Spa e Monza ed il primo e ultimo successo di Sebastian Vettel a Singapore. Da allora la Ferrari è caduta in una crisi profondissima. L’accordo segreto per la presunta irregolarità della monoposto italiana fu un danno d’immagine impressionante e segnò la fine delle ambizioni dei ferraristi. Vettel non ha più rivinto una gara, mentre Leclerc ha dovuto attendere due anni e mezzo per rimettere piede sul primo gradino del podio. Il monegasco, nel 2019, riuscì a precedere in classifica il tedesco. Le capacità del #16 misero a dura prova il #5, incrinando molte certezze. Nel 2020, la Scuderia partorì una delle peggiori monoposto della sua storia, non riuscendo mai ad ottenere un singolo successo di tappa.
Fu la fine dell’idillio d’amore con Seb. Le strade si separarono. La Rossa scelse di ingaggiare Carlos Sainz, mentre il tedesco si legò all’Aston Martin. Sebbene la SF21 avesse chiuso tre posizioni avanti alla SF1000 la Rossa non ottenne nemmeno una vittoria. In Bahrain, finalmente, Sainz e Leclerc riuscirono a trovare il giusto feeling con la nuova auto ad effetto suolo. Il campionato della Scuderia è stato, comunque, al di sotto delle aspettative. La Red Bull Racing ha dominato, vincendo 17 Gran Premi + 2 Sprint Race. La Ferrari ha fatto meglio della Mercedes, ma le aspettative alla vigilia erano molto diverse. F1, Toto Wolff esalta la Ferrari: Red Bull Racing snobbata.
Ferrari, il rimpianto di Binotto
Secondo Binotto le migliori annate per Seb furono nel biennio 2017 e 2018. L’ingegnere di Losanna ha sottolineato che non è stato solo Vettel a fallire, ma anche il resto del team. “Penso che in qualche modo abbia ragione perché quando è entrato in Ferrari era ambizioso, il suo obiettivo era vincere il titolo con la Ferrari e penso che insieme a lui fosse il nostro sogno e anche il nostro obiettivo”, ha spiegato Binotto ai media, tra cui PlanetF1 nell’appuntamento finale Abu Dhabi. Le ambizioni del tedesco erano molto elevate. Arrivato per seguire le orme di Michael Schumacher, Seb ebbe delle concrete possibilità di lottare per la corona iridata, ma non ci riuscì. Hamilton ebbe sempre la meglio e vinse con diverse gare d’anticipo.
Curioso che l’ingegnere di Losanna parli di fallimento in riferimento all’obiettivo finale non perseguito dalla Rossa. Con Binotto, invece, la squadra non ha nemmeno mai lottato per la corona iridata. Leclerc ha vinto tre gare rispetto alla 15 di Verstappen, mentre Sainz ha conquistato il suo primo trionfo in Inghilterra nel 2022. Sebastian si è ritirato dal circus, dopo due annate in Aston Martin avare di soddisfazioni. Vettel come Alonso: Ralf Schumacher non esclude uno scenario clamoroso.
“Ha portato molto come pilota, ma più di questo, penso che abbia portato molto come persona e ogni singolo fan della Ferrari ama ancora Sebastian. Penso che sia un dato di fatto. E poiché ogni singolo tifoso ama ancora la Ferrari, penso che noi in Ferrari, tutte le persone in Ferrari, lo amiamo ancora ed è così che ci sentiamo. Sono stati anni incredibili”. Secondo Binotto il compito più difficile che ha dovuto svolgere in Ferrari è stato proprio quello di non rinnovare il contratto a Vettel.