La F1 seguirà con interesse gli sviluppi legati al nuovo presidente della FIA, che potrebbe portare il Circus sempre più in Medio Oriente.
Negli ultimi decenni, la F1 è molto cambiata, sia nelle tecnologie delle monoposto che negli scenari dove esse sfrecciano a folli velocità. Dai motori V10 che mettevano i brividi anche a chilometri di distanza dagli autodromi, si è passati alle efficienti power unit V6 turbo-ibride, in grado di resistere per 7-8 gare senza problemi di affidabilità e di offrire prestazioni eccezionali. Purtroppo, il vero sound delle corse è andato perduto, ma il tempo passa ed è necessario adeguarsi alle novità della ricerca.
L’altro grande stacco con il passato è rappresentato dai nuovi circuiti, spesso e volentieri situati molto lontano dall’Europa, con caratteristiche differenti dalle varie Imola, Spa, Monaco, ovvero quei tracciati storici che hanno reso leggendario lo sport più pericoloso del mondo.
La F1 ha iniziato a spostarsi verso nuovi lidi già tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, dal momento che, nel 1999, debuttò il Gran Premio della Malesia. La pista di Sepang fu una delle prime ad essere realizzate dall’architetto Hermann Tilke, uomo di fiducia del big boss Bernie Ecclestone, colui che ha reso famosa la massima serie in tutto il globo.
Nel 2004 si arrivò addirittura in Bahrain, in un impressionante impianto realizzato nel bel mezzo del deserto. Quattro anni dopo, il Circus corse per la prima volta in notturna, sotto le luci artificiali del Marina Bay Circuit, a Singapore. A quel punto, era ormai chiaro che un taglio con il passato si era compiuto, e nel 2009 si corse ad Abu Dhabi. Quest’ultima pista è forse la più deludente tra quelle moderne, assieme a quella di Sochi che ha esordito in calendario nel 2014.
Molti di questi tracciati sono entrati stabilmente nel programma, mentre altri hanno rappresentato un vero e proprio flop. Il GP della Corea, o quello d’India, sono stati mantenuti rispettivamente per quattro e tre stagioni, prima di finire nel dimenticatoio. Nel 2020 era previsto l’esordio del GP del Vietnam, ma la Pandemia di Covid ha impedito la disputa dell’evento ad Hanoi che non è stato mai più disputato. L’area della pista verrà presto adibita a nuovi usi. Nel 2021 sono entrati in calendario anche Qatar ed Arabia Saudita, mentre il prossimo anno toccherà a Miami.
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Da circa un mese, la presidenza della FIA è passata da Jean Todt a Mohammed Ben Sulayem, emiro di Dubai che proverà certamente ad avvicinare ulteriormente al Medio Oriente la F1. In un’intervista rilasciata a Franco Nugnes di “Motorsport.com“, l’ex direttore della comunicazione e brand della Ferrari, Antonio Ghini, ha toccato proprio questo aspetto.
“L’Europa sta perdendo terreno rispetto al Medio Oriente in questo periodo storico, ed il peso politico di questa parte del globo sarà sempre più importante grazie al nuovo presidente della FIA“. Queste parole sono piuttosto allarmanti per i puristi del motorsport, ma corrispondono alla triste realtà.
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La F1 sarà sempre più impegnata verso questa parte del mondo, ed in Arabia Saudita si pensa già alla costruzione di un nuovo impianto per sostituire il cittadino di Jeddah. Il mercato asiatico e, specialmente, quello medio-orientale ha acquisito una grande importanza, e la Federazione Internazionale ha tutte le intenzioni di investire in quel settore nei prossimi anni.
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