Domenicali replica ai commenti negativi ricevuti dalla F1 per essere rimasta a correre in Arabia Saudita dopo l’attacco missilistico a un impianto Aramco.
Il fatto che la Formula 1 disputasse un gran premio in Arabia Saudita è qualcosa che era stato già oggetto di critiche. Tutti sanno che quel Paese non è esattamente un modello quando si parla di diritti e libertà.
Tuttavia, si sa anche che ormai sono i soldi il fulcro di determinati sport e che la F1 non rappresenta un’eccezione. Anche se l’ambito sportivo ricopre ancora una parte rilevante, i vertici dirigenziali fanno tanti ragionamenti legati al business e ignorano dei valori importanti.
Venerdì a Jeddah, dove si corre il GP, è successo qualcosa di preoccupante. A circa 20 chilometri dal circuito un missile proveniente dello Yemen ha colpito un impianto petrolifero di Aramco, colosso saudita degli idrocarburi che è anche sponsor della Formula 1 e del team Aston Martin.
Normale pensare che i team potessero lasciare il Paese, invece sono tutti rimasti dopo le rassicurazioni delle autorità locali. Anche se a parole la sicurezza è stata garantita, comunque lo scenario non era dei più tranquilli. Gli Houthi, gruppo ribelle yemenita che ha lanciato il missile a Jeddah, ha annunciato la sospensione per tre giorni degli attacchi. Ma c’è da fidarsi? Intanto è trapelato che c’erano piloti che non volevano gareggiare.
Molte sono le critiche rivolte alla Formula 1 per essere rimasta a correre in Arabia Saudita, un Paese nel quale di base non dovrebbe andare per un gran premio. Tanti commenti negativi sono piovuti su Stefano Domenicali, presidente e CEO del Circus.
Proprio il dirigente italiano in un’intervista a Sky Sports ha voluto rispondere alle critiche ricevute: “Nessuno può giudicare la nostra moralità. Noi crediamo che ciò che stiamo facendo avrà un impatto molto positivo in tutte le situazioni politiche. Questo lo prenderemo sempre in considerazione per il futuro del nostro sport”.
Domenicali pensa che la F1 possa avere un ruolo nel migliorare la situazione politica in determinati Paesi nei quali il campionato va a correre. Una presa di posizione sicuramente discutibile, perché non si capisce davvero come il Circus possa davvero influenzare in positivo stati come l’Arabia Saudita e altri. Ma comprendiamo che debba pur giustificare il fatto di correre a Jeddah. Non può dire che si va lì per soldi.
Il presidente e CEO della Formula 1 è stato interpellato sul fatto di correre nel Paese saudita nonostante le tante vicende che si conoscono: “Non siamo ciechi, ma non dobbiamo dimenticare una cosa. Questo Paese e lo sport stanno facendo un grande passo avanti. Non si può pretendere di cambiare una cultura millenaria in un batter d’occhio. Stanno cambiando diverse leggi e dobbiamo tenerne conto”.
Domenicali vede un’Arabia Saudita che pian piano sta migliorando anche in tema di diritti civili e che progressivamente migliorerà ancora. Crede fortemente che la F1 sarà utile in questo processo: “Sicuramente ci sono cose che devono essere migliorate. Non vogliamo fare i politici, ma possiamo giocare un ruolo nella modernizzazione del Paese”.
Infine l’ex team principal Ferrari ci tiene a ribadire che team e piloti non sono stati mai messi in pericolo, che sono state attivate tutte le garanzie necessarie per correre in sicurezza: “Un attacco terroristico è una guerra? Siamo in contatto con le autorità e mai metteremmo a rischio la sicurezza della nostra gente”.
La giornata di sabato è andata avanti in maniera liscia, senza alcun problema. Per fortuna anche durante la gara non ci sono stati episodi che potessero mettere in pericolo l’incolumità di chi è andato a Jeddah per correre e non per ritrovarsi con il rischio che un missile arrivasse presso il circuito.
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