A trent’anni di distanza dall’ultima volta, la Honda è tornata al vertice della F1 assieme alla Red Bull. Ecco i segreti dei giapponesi.
La Honda rappresenta un gran bel pezzo di storia della F1. La casa giapponese ha vinto molto nelle vesti di motorista, salendo alla ribalta con la Williams e la McLaren a cavallo tra gli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Il primo alloro iridato arrivò nel 1986, quando il team di Sir Frank portò a casa la coppa dei costruttori.
I due alfieri della Williams erano Nelson Piquet e Nigel Mansell, i quali, vennero beffati dalla McLaren di Alain Prost nel pazzesco finale di Adelaide, al Gran Premio d’Australia, quando sembravano aver in mano anche il titolo piloti. Tuttavia, la festa completa venne rinviata di solo un anno, con il brasiliano che si laureò campione del mondo per la terza volta nel 1987.
Il duello finale con Mansell non venne disputato, a causa di un terribile incidente che colpì il leone d’Inghilterra al GP del Giappone, costringendolo a saltare i due round finali, compreso quello in Australia. La fornitura di motori Honda passò poi alla McLaren, che aprì uno dei cicli più dominanti della storia.
Nel 1988 e nel 1989 non ce ne fu per nessuno, con Ayrton Senna campione nel primo caso ed Alain Prost che si vendicò l’anno seguente, nel tesissimo finale di Suzuka con il famoso contatto all’ultima chicane. Ayrton trionfò però nel biennio successivo, portando alla Honda altri titoli mondiali.
In seguito, i giapponesi abbandonarono il Circus alla fine del 1992, per poi tornare nel 1999 assieme alla BAR. I primi anni del team furono molto duri, ma nel 2004 arrivarono le prime soddisfazioni grazie a Jenson Button, che trascinò la squadra al secondo posto tra i costruttori.
La Honda acquistò la squadra nel 2006, ottenendo la prima vittoria proprio con il britannico al Gran Premio di Ungheria. Tuttavia, i risultati dei due anni successivi furono pessimi, ed a causa della crisi economica, la casa di Sakura decise di vendere il team a Ross Brawn, che la ribattezzò Brawn GP e vinse il titolo del 2009.
La Honda è poi tornata come fornitrice di power unit nel 2015, ma i tre anni di partnership con la McLaren furono un vero e proprio disastro. La Red Bull decise di credere nei nipponici, con Max Verstappen che ha regalato loro un titolo mondiale che mancava da trent’anni, vendicando le tante umiliazioni subite da Fernando Alonso e dal team di Woking.
F1, ecco come la Honda ha portato al top la Red Bull
L’epoca power unit della F1 è stata dominata dalla Mercedes, ma la Red Bull motorizzata Honda è riuscita a spezzare l’egemonia nel 2021, grazie a Max Verstappen. L’alloro iridato non sarebbe mai arrivato senza uno sforzo incredibile da parte della casa giapponese che ha tratto forza dai momenti difficili con la McLaren per recuperare sulla concorrenza.
Dopo aver approfondito la loro comprensione del processo di combustione ad alta velocità e aver ottimizzato il rapporto di compressione e la miscela aria-carburante per massimizzare la potenza e l’affidabilità, è diventato chiaro al team di sviluppo del propulsore che il design ICE che Honda utilizzava dal 2017 aveva raggiunto i suoi limiti ed era necessario un concetto completamente nuovo per migliorare ulteriormente le prestazioni.
La Honda passò alla Toro Rosso dopo aver interrotto la partnership con la McLaren, aprendo un ciclo del tutto nuovo in F1. La power unit che ha portato la Red Bull al mondiale è stata basata su un concetto rivoluzionario, che inizialmente era previsto per il 2022, ma che venne anticipato visto l’abbandono dei giapponesi al termine della scorsa stagione.
L’unità propulsiva RA621H è stata una riprogettazione completa per quanto riguarda il motore endotermico. Uno degli obiettivi di questa riprogettazione era di integrarsi meglio nel telaio della Red Bull e contribuire ad un miglior imballaggio per le prestazioni aerodinamiche. Sulla RA621H, l’angolo della valvola è stato ridotto per ottimizzare il rapporto di compressione ed anche la lunghezza delle valvole è stata ridotta per facilitare l’imballaggio.
Il team ha anche portato l’albero a camme lato scarico ulteriormente all’interno riducendo le dimensioni del treno di ingranaggi. Nel complesso, ciò ha portato le valvole di scarico rivolte verso l’esterno di oltre 30 mm più all’interno e ha consentito un confezionamento più stretto da parte dell’entourage di tecnici diretto da Adrian Newey.
In pochi anni, la Honda ha superato Ferrari e Renault, portandosi allo stesso livello della Mercedes. In sette stagioni, Honda ha aumentato la propria potenza complessiva di circa 100 kW (circa 134 CV), un’impresa monumentale. I tecnici nipponici sono, senza dubbio, coloro che hanno operato la miglior crescita in questa era turbo-ibrida.
I loro motori sono ora marchiati Red Bull e, sebbene abbiano avuto alcuni problemi all’inizio della nuova stagione, hanno già ottenuto la loro prima vittoria dell’anno a Jeddah e potrebbero ancora spingere il team di Milton Keynes a successi maggiori rispetto a quelli ottenuti l’ultima volta anno.