Si tratta di un meccanismo psicologico molto comune e diffuso. Talvolta può essere un fastidio innocuo, ma quando riguarda l’approccio al poker, beh allora si sta seriamente rischiando grosso.
La fallacia dei costi irrecuperabili è alla base di tantissimi problemi relazionali e personali. Si tratta di un approccio alle cose che, seppure in rare situazioni può addirittura aiutare a nutrire un minimo di motivazione in certe attività, quando riguarda gli aspetti prettamente finanziari (e il nostro rapporto con il poker rientra di certo tra questi), può davvero gettarci in una spirale distruttiva, con esiti talvolta tragici.
Per non finire in questo pericolosissimo circolo vizioso, o limitarne comunque l’impatto, è fondamentale conoscerne perfettamente il funzionamento e sapersi muovere di conseguenza. Talvolta è sufficiente la semplice consapevolezza di un problema per alzare gli scudi e proteggersi quanto basta. Altre volte però le cose non sono proprio così semplici e, seppur a conoscenza di ciò che sta accadendo, non si riesce a mettere uno stop e si continua a precipitare sempre più in basso.
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La cosiddetta fallacia dei costi irrecuperabili (sunk cost fallacy) è un qualcosa di molto comune, che spesso ha a che fare con le piccole e grandi decisioni che prendiamo ogni giorno. Per costo irrecuperabile parliamo di qualcosa che abbiamo già pagato e che non è in alcun modo rimborsabile. Il modo più semplice per capire la dinamica che viene a crearsi quando siamo vittime di questa fallacia è immaginare la cosa da un punto di vista fisico. Con il termine inerzia, in fisica, si indica la tendenza di un corpo a conservare il suo stato di quiete, di moto rettilineo uniforme o di rotazione uniforme attorno a un asse, se la risultante delle forze agenti sul corpo e la risultante dei loro momenti sono nulle. Da questo ne segue che un corpo, in assenza di azioni esterne, continua a permanere nel suo stato.
Quando stiamo cadendo in un circolo vizioso o in una spirale distruttiva, senza fare un’azione per modificare la cosa, non si fa che procedere nello stesso verso. E il modificare il moto inerziale di un corpo in fisica richiede energia. La stessa energia che ci viene richiesta quando abitualmente facciamo delle azioni che ci portano alla distruzione e vogliamo modificare i nostri comportamenti. Vediamo ora, nella pratica, come funziona la dinamica a livello psicologico e quali ripercussioni può avere. Proviamo a portare qualche esempio abbastanza comune:
Sarà certamente capitato a chiunque di capitare dentro, o assistervi dall’esterno, a una relazione di coppia che tecnicamente dovrebbe esser già conclusa da tempo, ma che prosegue nonostante tutto. In genere alla base di questo c’è sempre il fatto che la decisione di interrompere un rapporto richiede decisamente maggiore energia che lasciare le cose come stanno e lasciar proseguire.
Qualche anno fa mi è capitato di andare a un evento con altre persone. Io ero andato in auto con tre amici, mentre una coppia è giunta sul posto in treno. Venire in treno era molto più scomodo e richiedeva quasi due ore di viaggio in più. Oltre a dover partire per il rientro diverso tempo prima di quanto avremmo fatto noi in auto. A un certo punto una delle persone che era giunta in auto ha un’emergenza che lo costringe a chiamare un taxi e rientrare in treno. A quel punto, liberato un posto in auto, la coppia giunta in treno poteva tranquillamente rientrare con noi in auto, facendo un viaggio molto più comodo, rapido e potendosi fermare con calma fino alla fine dell’evento.
Sembrava la soluzione più ovvia, non c’era nulla da perdere e solo da guadagnarci. Ma i due, senza alcuna motivazione razionale di base, hanno deciso ugualmente di tornare in treno. Partendo prima, facendo un viaggio molto più lungo e scomodo. Questo perché avevano già pagato il ritorno e i biglietti non erano rimborsabili. Eccola qua la fallacia dei costi irrecuperabili. Siccome la soluzione migliore era gratis, ma la peggiore aveva già fatto sostenere un costo non recuperabile, ecco che il non usare qualcosa di già pagato sembra uno spreco inaccettabile. Così piuttosto si sceglie la via peggiore pur di non dover sopportare quel piccolo disagio di accettare una spesa rivelatasi inutile.
Su questo credo non serva dilungarsi più di tanto. Quando un giocatore ha già investito (perso) molti soldi in un gioco d’azzardo, il fermarsi risuona grosso modo come il non usare i biglietti già pagati dell’esempio precedente. Il fatto di “mettere a bilancio” la perdita e fermarsi significa dover accettare il fatto che si sono spesi dei soldi che non si possono recuperare in questo modo. Proseguendo nel gioco si ha quindi la falsa percezione di dare un senso a quanto già speso. Inutile dire che questo meccanismo non fa altro che peggiorare la cosa, alimentando via via sempre in modo maggiore il problema.
Talvolta, nei casi di ludopatia abbastanza seria, il giocatore arriva a un punto dove trova sollievo solamente nel finire tutti i soldi. Toccato il fondo, non deve più fare sforzi per fermarsi e dover sopportare la frustrazione di sapere cosa sarebbe giusto fare, ma non riuscire a farlo per la trappola emotiva che si è costruito intorno. Il finire tutti i soldi diventa quindi l’azione esterna che serve a fermare la caduta. Assurdo, ma è un meccanismo più comune di quanto si creda.
Un po’ come quando siamo a dieta e abbiamo una fetta di torta in frigo e non si riesce a togliersela dalla testa. Talvolta si risolve facilmente mangiandola subito, così da non dover sopportare il disagio di saperla li a due passi e dover fare fatica a resistere alla tentazione.
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Come è facile immaginare, di situazioni nelle quali si rischia di cadere vittime di questa fallacia nel poker ce ne è a volontà. Il poker, prima ancora che un gioco di carte, può essere visto come un gioco di gestione delle risorse. In modalità torneo oppure sit and go vince chi riesce a finire le proprie chips dopo tutti gli altri. In questo è più simile al Monopoli che al burraco, per dirne uno, seppur a prima vista possa sembrare il contrario. Quando si gioca a cash game poco cambia. Allargando lo sguardo poi, possiamo vedere l’intera carriera di un poker player come un grande gioco di gestione delle risorse. Saper gestire e accrescere in modo corretto e costante il proprio bankroll è qualcosa che va ben al di là del saper fare un bluff come si deve o leggere al volo le strategie di un avversario.
Come accennato inizialmente quindi, la fallacia dei costi irrecuperabili è un “cancro” che attacca proprio la capacità di fare scelte razionali e profittevoli nel gestire le proprie risorse. Pertanto quando parliamo di poker, questo rischio riguarda tutti i livelli. È qualcosa che può attaccarci mentre dobbiamo prendere una singola decisione su una mano, o anche su un singolo giro di puntate di una singola mano, fino ad arrivare a comprometterci la gestione dell’interno nostro bankroll o anche oltre, provocando disagi e problemi anche nella vita in generale.
Immaginiamo di giocare una mano di poker e trovarci al river. Il nostro avversario fa una piccola puntata, tipo un quinto del piatto o meno. Noi siamo pressochè certi di essere sotto, cercavamo una scala che abbiamo missato e ora ci troviamo con in mano 9 carta alta e non battiamo nulla se non un paio di combinazioni di starting hand, che peraltro non ha senso che oppo abbia in quel frangente.
Stiamo per metter sotto quando un pensiero fastidioso si insinua tra le nostre sinapsi. “Il piatto è enorme però. Ci abbiamo già investito 50 blind e vedere la mano avversaria costa pochissimo. Certo non abbiamo le odds per chiamare, vinciamo forse nel 5% dei casi o meno e fare call costa davvero poco. Nel piatto ci sono parecchi dei miei soldi mannaggia.”
Questo è un esempio classico di fallacia dei costi irrecuperabili in azione. Uno dei capisaldi del buon giocatore è la consapevolezza che le nostre fiches, una volta messe nel piatto, appartengono al pot, non sono più nostre. Se attiviamo al river con un piatto di 100$, non fa alcuna differenza se no abbiamo contribuito per $50 o per $15, l’unica cosa che ci deve interessare sarà il totale del piatto in rapporto alle nostre probabilità di vincere e all’entità dell’investimento necessario. Stop.
Se sappiamo di avere una possibilità su 25 di vincere e l’investimento è in rapporto di 1:6 col piatto, il call è sbagliato. Sul lungo periodo abbiamo un valore atteso negativo e ciò significa giocare in modo perdente. Il fatto che abbiamo messo noi più o meno soldi o fiches nel piatto, non deve fare nessuna differenza circa le nostre decisioni su come proseguire.
Se già nella singola mano la fallacia dei costi irrecuperabili può costare parecchio, figuriamoci cosa può accadere quando ne cadiamo vittime nelle decisioni che riguardano la gestione del nostro intero bankroll. Ipotizziamo di trovarci in questa situazione: generalmente teniamo $7,000 di bankroll e, di media, giochiamo a cash game Texas Hold’Em NL100. Dopo un pessimo periodo di bad run, il nostro bankroll scende inesorabilmente fino a $3,000. A questo punto, le nostre regole per un corretto bankroll management ci imporrebbero di ridurre il limite, portandoci quindi a giocare a NL50 finchè non riusciamo a risalire a una cifra adeguata al nostro limite solito.
Non possiamo nascondere però che sarà molto comune a tanti la tentazione di aumentare il livello, piuttosto che diminuirlo, così da cercare di recuperare più in fretta. Questo è forse uno dei più grandi errori che possiamo commettere ai danni delle nostre tasche. Per ben due motivi.
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Se, come è chiaro, aumentare di livello ci espone enormemente di più ai rischi derivanti dalla varianza, il fattore psicologico andrà anche a ricoprire un ruolo molto incisivo. In primis, giocare “fuori bankroll” non ci darà mai modo di farlo serenamente. Se è bastata una bad run per dimezzarci il capitale, aumentare di livello ci farà semplicemente correre un rischio di perdere altrettanto ben 4 volte maggiore o più, avendo la metà dei fondi e rischiamo il doppio.
Inoltre, diciamoci la verità, come accidenti è possibile giocare in modo sereno a tranquillo dopo aver bruciato metà del nostro bankroll ed esserci lanciato a un livello di gioco superiore? Penso che crearsi un contesto di quel tipo sia il modo più rapido per tiltare in modo irrecuperabile. E quando si è in tilt, non è che le probabilità di vittoria volgano proprio a nostro favore. Rischi moltiplicati e psicologicamente in tilt. La ricetta per il disastro è bella che servita.
Abbiamo analizzato in modo abbastanza minuzioso le varie dinamiche e sfumature della fallacia dei costi irrecuperabili. Abbiamo anche visto quanto sia pericoloso non tenere sotto controllo questi meccanismi e come questi possono sfociare anche in danni più o meno seri nella totalità della vita delle persone. Come facciamo a evitare questi rischi? Beh, la risposta semplice è non mettendosi nelle situazioni descritte. Che ci vuole, no? Scherzi a parte, diciamo che, come tutti i circoli viziosi, il modo migliore per non farsi male è non farli iniziare o stopparli sul nascere quando ci rendiamo conto che ne stiamo cadendo vittime. Non c’è molto altro da fare che non conoscere tutti i trigger che ci spingono a decidere seguendo questo bias e ritrovare la centratura non appena ci rendiamo conto che non stiamo ragionando in modo razionale.
In un gioco come il poker non è certo semplice non farsi prendere ogni tanto da qualche emozione di troppo che appanna le nostre capacità di giudizio. Non siamo macchine, d’altronde. La cosa importante è però avere sempre e comunque la consapevolezza di ciò che accade. Sapere che stiamo per fare un errore e le motivazioni che ci stanno spingendo a commetterlo, spesso è sufficiente a farci tornare in noi in tempo per fermarci. Quando vediamo che stiamo agendo in preda a qualche stato emotivo, alleniamoci a fermarci. Solo la nostra forza e il nostro carattere possono venirci in soccorso qui. La forza di volontà è come un muscolo. Allenarla richiede tempo e cura.
Non bisogna strafare nell’imporci troppe limitazioni di botto, se non siamo abituati. Altrimenti, come il muscolo, può danneggiarsi e funzionare male per diverso tempo. Non si può neanche metterla in disparte sperando che prima o poi si accresca in autonomia. Come il muscolo, se non allenata di continuo, si atrofizza e avrà sempre meno forza quando vogliamo usarla.
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