La prima gara in Bahrain ha evidenziato come non solo la Ferrari sia in forma ma anche is suoi “team satelliti”. Numeri alla mano, la crescita c’è eccome.
La Ferrari esce dal primo weekend del 2022 raggiante come non mai. Una doppietta che era stata immaginata solo nei sogni più belli, ma che si è concretizzata in maniera non occasionale, tutt’altro. La Rossa infatti in Bahrain ha messo in pista una dimostrazione di forza e concretezza che ha sorpreso tutti, dai rivali agli addetti ai lavori, perfino i tifosi. Anche se, a dire il vero, qualcuno ci credeva in un inizio così e in una macchina più forte rispetto alla concorrenza.
L’uno-due firmato Charles Leclerc e Carlos Sainz Jr è il coronamento di due anni di lavoro su un progetto che ha messo a dura prova la Ferrari, che veniva da stagioni difficili, fatte di amarezze e critiche ferocissime. Alla fine però il lavoro ha ripagato e tornare a vincere 903 giorni dopo l’ultima volta ha un sapore molto buono. Anzi buonissimo.
Dopo test positivi, tutti si chiedevano se la Rossa fosse un bluff e se gli altri si fossero nascosti, come spesso è capitato, per ricacciare indietro la scuderia di Maranello. E invece già venerdì si è capito che l’aria era cambiata. E che la Ferrari era davvero una macchina veloce, affidabile e bilanciata. Solo Max Verstappen e la Red Bull sono sembrate al suo livello ,ser non di poco superiori. Mentre la Mercedes, sessione dopo sessione, ha confermato le difficoltà della vigilia, mettendosi addirittura in condizioni di essere la terza forza in campo.
Per la Ferrari parlano i numeri: vittoria 239 nel Mondiale di F1, la prima dopo 45 gare senza trionfi (non vincevano da Singapore 2019), per quella che era la seconda striscia più negativa dopo quella fatta segnare da Giappone 1990 a Germania 1994 (58 GP di digiuno), 85esima doppietta ma soprattutto pole position, vittoria, giro veloce in gara. Segno di un dominio quasi incontrastato.
Può bastare? No, perché la crescita Ferrari si è vista anche nei suoi team satelliti. La Rossa infatti ha sbalordito in qualifica, portando anche Haas e Alfa Romeo nella top ten, ma in gara si è riconfermata ad alti livelli. D’accordo, di mezzo c’è stata anche la safety car che nella fase finale ha influito magari un po’ sull’esito della gara, ma i dati parlano chiaro. Kevin Magnussen, Valtteri Bottas e Guanyu Zhou tra i primi dieci, quindi 5 monoposto motorizzate Ferrari nella top ten. E’ un segnale? Decisamente sì.
La Rossa ha prodotto un ottimo motore, che non sarà magari il più potente ma è a livello di chi aspira alla vittoria finale del campionato. E i progetti di Alfa Romeo e Haas, seppur diversi in alcuni aspetti rispetto alla “madre Rossa”, hanno iniziato col piede giusto e sembrano poter ambire a posizioni importanti. E con un Mondiale così lungo, dove ogni punto può fare la differenza (basti chiederlo ad Hamilton), anche i cosiddetti “team B” possono giocare una partita importantissima.
Ora si dovranno aspettare conferme, ma la Ferrari esce dal Bahrain con il sorriso a 32 denti e con la convinzione di aver fatto davvero un bel lavoro. ma guai a sottovalutare gli avversari. Perché dalle stelle alle stalle si può passare nell’arco di poco tempo. Ma intanto bentornata Ferrari, in tutti i sensi!
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