Ricevere una monster come mano di partenza aiuta, saperla giocare come si deve però non è una cosa banale e spesso ciò che era un vantaggio si rivela un disastro totale.
Conosciamo tutti la sensazione. Siamo seduti al nostro tavolo, giochiamo distrattamente con le fiches quando il dealer distribuisce le carte. Spilliamo la prima, un asso. Poi la seconda, un altro asso. Per una frazione di secondi sentiamo i battiti cardiaci che iniziano a diventare via via più rapidi, una sensazione di calore arriva al viso e la pressione delle nostre vene sul collo si fa palpabile. A quel punto proviamo a non dare a vedere la cosa e cerchiamo di tornare il più in fretta possibile a dare una parvenza rilassata come se nulla stesse accadendo.
A seconda poi del nostro mood al momento o del nostro stato d’animo in generale, possiamo reagire pessimisticamente pensando qualcosa come: “Ecco, questa è la mano che mi scoppiano gli assi e vado a casa”, oppure con una più ottimistica pregustazione del piatto che andremo a vincere e della faccia basita dei nostri avversari quando mostreremo la nostra monster. Quale che sia il nostro approccio al gioco e alla vita, in ogni caso, ci sarà certo utile sapere come gestire queste mani, massimizzando le vincite quando le nostre monter reggeranno e limitando i danni quando invece arriveranno i meno comuni, ma inevitabili, scoppi.
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Che cosa si intende per monster hand
Con il nome di “monster” vengono indicate le starting hand migliori tra tutte le possibili che possono arrivarci. In genere si parla quindi di A-A, K-K, Q-Q, A-K. Per quanto riguarda però i ragionamenti che faremo oggi, parleremo esclusivamente di AA e KK, in quanto sono due starting hand molto particolari tanto che richiedono una strategia di gioco a sè. Nonostante poi queste siano realmente le due combinazioni migliori tra le 169 possibili nel Texas Hold’Em, spesso causano l’eliminazione dal torneo o una grossa perdita a cash game per chi le riceve. Come mai questo paradosso?
Semplicemente perché, al netto ovviamente della naturale varianza del gioco, non vengono giocate nel modo corretto. Molto spesso ne viene quindi sovrastimata la forza o la potenzialità di miglioramento, oppure banalmente ci mettono in uno stato psicologico di agitazione che non ci fa passare quando sarebbe giusto farlo. In questo secondo caso viene buono il detto dei giocatori più anziani circa il non innamorarsi delle carte. Banalmente, se abbiamo KK e al flop cade Axx, la nostra mano è una coppia, neanche la top pair, con pressochè nulle possibilità di miglioramento strada facendo. Inutile insistere se quindi ci troviamo delle puntate davanti.
La situazione migliore pre flop per una monster
È vero che una monster in mano aiuta parecchio, ma a seconda di altri fattori come la posizione al tavolo, può essere un’occasione più o meno favorevole. A volte queste monster hand ci capitano purtroppo nei momenti meno opportuni. Ad esempio quando siamo sul grande buio e subiamo un tristissimo walk, dopo il fold da parte di tutti. Piccolo buio compreso.
Le situazioni migliori nelle quali giocare AA e KK saranno quindi quando pre flop nessuno ha fatto azione prima di noi, magari mentre siamo anche abbastanza vicini al bottone, e riusciamo a giocare contro uno, massimo due giocatori. Se si riesce anche ad aumentare un po’ il piatto pre flop, meglio ancora.
Aggredire sempre pre flop?
Di base la risposta dovrebbe essere affermativa. Salvo alcune specifiche situazioni nelle quali può essere favorevole un approccio più “da imboscata”, conviene proteggere sempre le mani forti pre flop. In special modo quando si tratta di monster come AA e KK.
Se non vale la pena approfondire l’approccio aggressivo standard di aprire rilanciando (possibilmente senza variare le size abituali per non dar segnali agli avversari) o tribettando su un precedente raise, può essere invece interessante analizzare i casi particolari. Quando cioè non è conveniente aggredire a testa bassa o in modo eccessivo oppure si hanno buone chance di far andare in porto un approccio verso lo slow play.
Lo slow play con le monster
I pochi casi nei quali possiamo evitare un’aggressione forte sono ad esempio quando ci troviamo in posizione avanzata, ad esempio bottone o piccolo buio e dietro di noi parlano solamente giocatori short stake. In questo caso possiamo anche provare a limpare aspettando uno squeeze all in da parte del player short, che magari avrebbe passato su un nostro raise. Stesso discorso qualora poi non arrivasse un raise dallo short in questione. Possiamo provare a seguirlo qualora aggredisse post flop o prendere noi l’iniziativa in un secondo momento, quando magari ha preso un progetto o un punto sufficiente a seguirci.
Lo stessa cosa la si può provare anche a parti inverse. Se siamo noi sul grande buio ad esempio e un player da late position prova a rilanciare, di tanto in tanto, se abbiamo anche informazioni sul player che ci spingano a pensare a una sua continuation bet, possiamo provare a fare solo call senza 3bettare pre flop. A quel punto un check raise al flop potrebbe massimizzare il nostro profitto su un eventuale continuation bet in bluff, che magari avrebbe passat già su una 3bet pre flop.
Chiaramente il tipo di board potrà modificare le nostre azioni post flop. Su baord tranquilli possiamo prenderci qualche rischio in più. In special modo se i nostri AA o KK ci offrono anche eventuale copertura di colore. Su board pericolosi tendenzialmente è meglio non tirar troppo la corda, a meno che non siamo realmente bravi nella lettura del nostro avversario e siamo in grado di metter sotto senza remore la nostra monster, qualora le cose dovessero prendere una piega sbagliata.
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Valutare bene contro chi stiamo giocando
Naturalmente per non fraintendere i discorsi fatti finore, andare a capire in anticipo lo stile di gioco del nostro avversario ci sarà di grande aiuto nel decidere se tentare o meno questo approccio con la nostra monster.
Se siamo di fronte a un giocatore calling station chiaramente non ha alcun senso provare a fare slow play aspettando iniziative da parte sua. Meglio rilanciare e fargliele mettere nel piatto il prima possibile per non rischiare di arrivare al river senza aver sfruttato il momento.
Contro avversari aggressivi invece cercare di preparare qualche imboscata può regalare certamente diverse soddisfazioni. Non scordiamoci poi l’importanza di avere info sul player avversario nel momento in cui stiamo riflettendo sulle nostre mosse post flop. Sapere che tipo di stile di gioco possiamo aspettarci e inquadrare un range che sia più ristretto e accurato possibile è fondamentale per quando si viaggia sul filo del rasoio giocando in slow play le monster.
Come gestire il flop con una monster
Il flop è uno dei momenti nei quali in genere si commettono più errori nel giocare una monster. Iniziamo quindi col dire che la strategia più usata dai principianti che spillano gli assi di fare un raise esagerato pre flop per mettere i resti su qualsiasi flop, senza neanche valutare l’entità del piatto, è in genere la strada migliore per il disastro.
L’errore di difendere a tutti i costi
Una mossa di quel tipo esprime semplicemente pausa di vedersi scoppiare gli assi e agire per una sorta di protezione emotiva, più che per fare profit. Se facciamo una stupidaggine come quella descritta possiamo ottenere solo due risultati: un avversario con un punto anche decente, come magari una top pair o una middle con buon kicker o qualche backdoor, che poteva tranquillamente seguirci su una puntata normale, passerà con buona probabilità la mano. Chi avrebbe passato, ovviamente passa comuque. L’unico giocatore che invece può forse seguirci dopo un’azione di quel tipo è chi ci batte. Gli unici call che possiamo sperare di ricevere arriveranno quindi proprio da chi non vorremmo. Chi ha preso un set o una doppia coppia potrebbe forse chiamare un all in overpot e pochi altri. Il tutto ovviamente avendo in pratica rivelato la nostra mano all’intero tavolo.
Un altro errore molto comune è quello di, come si suol dire, “innamorarsi delle carte”. Scoccia vedere che su un flop QJ9 e due cuori, al turn cada un bel 10 di cuori che chiude ogni scala e colore immaginabile mentre noi abbiamo gli assi e abbiamo magari anche giocato slow play? Si, da molto fastidio. Però, anche se non siamo in una situazione estremizzata come nel caso del nostro esempio, dobbiamo sempre tenere bene a mente che il nostro punto è semplicemente coppia. Come quindi in quello scenario metteremmo sotto il nostro QJ, che addirittura sarebbe doppia coppia, non dovrebbe essere così difficile capire per quale motivo i nostri assi battono giusto un eventuale bluff avversario e poco altro.
Se pre flop c’è stato un raise prima di noi e al flop troviamo una donk bet
Vediamo ora un caso abbastanza particolare, ma che quando capita mette in difficoltà tantissimo player. Seguendo i vari ragionamenti potremo comunque avere un’idea di un tipo di approccio molto adeguato quando si gioca con una monster. Siamo seduto al tavolo in late position e il dealer ci serve una bellissima coppia di assi. Fantastico! Oltre ad aver ricevuto la miglior starting hand possibile, ci troviamo anche di posizione. Possiamo quindi basare la nostra azione su ciò che faranno gli avversari prima di noi e avere quindi buona parte delle informazioni già belle che servite.
È il nostro turno di parlare. Prima di noi nessuno ha fatto azione e hanno tutti passato. A questo punto procediamo con il nostro bel raise in modo da rimanere al massimo contro uno o due player avversari. Riceviamo un solo call. Il flop a questo punto recita 7-Q-2. Tutti semi diversi. Perfetto, nessun pericolo imminente di eventuali draw di scala o colore ed è anche particolamente difficile che ci sia una doppia coppia dall’altra parte. A questo punto siamo anche pressochè sicuri che il nostro avversario farà check per lasciarci la parola, come d’abitudine quando si chiama un rilancio pre flop dai bui. Invece ci troviamo una donk bet da parte dell’avversario. Pure parecchio sostanziosa.
Piccolo inciso: si chiama donk bet una puntata effettuata quando un giocatore esce in bet al flop prima dell’original raiser pre flop che gioca di posizione. Il nome deriva dal fatto che in genere è una mossa da asino, “donk” appunto.
Che si fa adesso?
Analizziamo le circostanze
Dando per assodato che nel poker non esistono mai ricette per la vittoria che siano sicure al 100%, possiamo farci un’idea abbastanza accurata analizzando la situazione.
La situazione standard, come già accennato, prevedeva che ci saremmo dovuti trovare un check da parte dell’avversario per lasciare a noi la parola. Quando così non va, le possibili eccezioni a questa consuetudine sono due: una piccola puntata o una puntata grande, alle volte addirittura un all-in, da parte del nostro avversario.
Donk bet piccola
Nel primo caso, una puntata piccola magari inferiore alla metà o a un terzo del pot, in genere rappresenta un tentativo di blocking bet. Ciò significa che l’avversario ha una certa attenzione per il flop, ma non vuole investire troppo per vedere il turn, di conseguenza cerca di evitare puntate più alte facendo azione preventivamente.
Inutile dire che la nostra miglior reazione è proprio un bel raise. Non dobbiamo mai dare carte gratis quando non serve. Se il nostro avversario ha un progetto, dobbiamo fare in modo che se proprio fa un call, sia quanto meno fuori odds e guadagnamo lato nostro un po’ di valore atteso positivo.
Puntata grande oppure all in
Nel secondo caso, quando cioè troviamo una puntata importante o addirittura un all in, l’avversario sta cercando di farci metter sotto le carte sfruttando il vantaggio dovuto all’aggressione preventiva. La cosa è abbastanza particolare in quanto non ci sono molte spiegazioni razionali a una mossa del genere. La prima caissitica di fatti sarà molto più presente di queste.
Salvo quindi l’avversario non sia short ed esclusa quindi l’eventualità si tratti di un cosiddetto stop and go (per il quale lascio l’articolo dedicato che puoi leggere qui: Stop and go: la mossa per quando siamo short stack), di base su un board completamente blank come nel nostro caso, un fold è quasi sempre la scelta migliore.
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La statistica può venirci in soccorso
La statistica ci suggerisce che questa mossa sia molto spesso un bluff. Potrebbe anche essere però un modo di mascherare un set di donne, di 7 o di 2 e mettere nel sacco un’eventuale overpair come nel nostro caso. Le uniche informazioni sulle quali poter contare quindi ci arrivano dall’analisi delle dinamiche che si sono verificate prima del flop.
Guardiamo quindi in primis dove è seduto il nostro avversario. Nel caso in cui stesse giocado UTG o UTG+1 potrebbe tranquillamente aver limpato con QQ nella speranza di un raise da un giocatore che parla dopo, cosa che in effetti è realmente avvenuta. Se fosse un giocatore aggressivo probabilmente avrebbe 3bettato, quindi possiamo tralasciare con buone probabilità questa evenienza. Nel caso si tratti invece di un player passivo, il set di Q non è da escludere del tutto.
Se invece l’avversario è seduto in posizioni più vicine al bottone, è facile pensare che con una coppia di regine servita avrebbe rilanciato direttamente lui pre flop. Eventualità che non si è verifica, quindi possiamo escludere con una certa dose di sicurezza il suo top set. Il caso invece del set di 7 o di 2 è più difficile. In genere con coppie basse è più frequente un limp, ma qui andrebbero inseriti nel ragionamento anche altri fattori quali la dimensione degli stack e le caratteristiche del torneo o del tavolo cash game nel quale stiamo giocando.
Le monster vanno sempre gestite in base al tipo di avversario
Seguendo quanto accennato all’inizio, vediamo nel caso specifico come utilizzare le informazioni raccolte sullo stile di gioco del nostro avversario: Se siamo di fronte a un player molto aggressivo e loose, è più che probabile che il suo all-in nasconda una mano marginale. Specialmente se gli abbiamo visto fare azioni simili già in precedenza.
Nel caso invece si tratti di un giocatore tight, questo all in sarebbe una mossa davvero insolita. I giocatori solidi non rischiano tutto il loro stack se non sono più che certi di essere davanti. Più probabile che con una mano forte come un set o una doppia coppia propenda per un check nell’attesa della nostra continuation bet, abbastanza probabile in quello spot.
Resta comunque molto importante il gioco che ha mostrato fino a quel punto. Anche il fatto di procedere più volte con un all in in situazioni analoghe può essere determinante nel prendere una decisione in queste circostanze. Un giocatore che non avete mai visto andare all in fino a questo momento naturalmente deve fare molta più paura rispetto ad un altro che lo utilizza soventemente.
Ultimo fattore chiave: qual è il buy in del torneo in questione?
Può sembrare una sciocchezza, ma ci è capitato di spaziare molto tra tornei con buy in molto diversi, sappiamo bene come questo fattore incida sui range di gioco e sull’avventatezza con la qule si fanno certe mosse. In tornei e sit and go a buy in ridotto può letteralmente accadere di tutto. In quel caso non dovremmo neanche escludere dei call al nostro raise con mani come Q-7, Q-2 o addirittura 7-2 (“eh ma erano suited”). Combinazioni che qui darebbero doppia coppia e ci farebbero mangiare la mani fino alla mattina successiva.
In partite con buy in più importanti ovviamente può accadere lo stesso di assistere a giocate strane, ma certamente non a questi livelli.
Fare meno errori possibile
Nel momento in cui vogliamo assegnare un range quindi, non scordiamo mai di tenere in considerazioni tutti questi fattori e che nel poker non vince chi fa le giocate più spettacolari, ma chi fa meno errori.
Avere gli assi pre flop quindi aiuta, ci mancherebbe, però non ci proteggono certo da eventuali sviste grossolane o rischi inutili che potremmo andare a prenderci strada facendo. Sono e restano una starting hand forte, ma si tratta pur sempre di solamente due delle cinque carte che servono a chiudere un punto.