Anthony Hamilton ha affrontato una vita di sacrifici per consentire al figlio Lewis di correre. Ecco quali mansioni svolgeva tanti anni fa.
Il Lewis Hamilton di oggi lo conosciamo tutti. Parliamo di un sette volte campione del mondo, che a differenza di leggende del passato come Michael Schumacher o Ayrton Senna, è diventato una star di livello internazionale, soprattutto per le sue attività fuori dalla pista.
Il britannico, di origini caraibiche, ama la moda e la musica, ma è anche molto attento alle tematiche sociali. Tutto ciò si è sviluppato dal 2015 in avanti, ovvero dopo i primi titoli conquistati con la Mercedes. Si tratta di un personaggio totalmente diverso dal ragazzino umile e timido che debuttò in F1 nel 2007, vincendo subito il mondiale l’anno dopo.
Al contrario di piloti come Lando Norris o Charles Leclerc, molto benestanti anche prima di iniziare la loro carriera, la vita di Lewis è stata molto difficile. La povertà e gli atti di bullismo hanno perseguitato la sua infanzia, sino ad arrivare all’adolescenza. Le corse sono state l’unico motivo che lo hanno spinto ad andare avanti negli anni più duri della sua vita, ma il futuro lo ha ben ripagato grazie ad un talento cristallino.
Hamilton, tutti i sacrifici di papà Anthony
Come anticipato, le origini di Lewis Hamilton sono caraibiche, visto che il padre Anthony proviene dall’isola centro-americana di Grenada. Per cercare un futuro migliore, decise di spostarsi in Inghilterra, dove ha svolto diverse mansioni lavorative. Per cercare di garantire al figlio la carriera di pilota, si è indebitato diverse svolte, lavorando per ben 12 ore al giorno nel tentativo di saldare ogni conto.
Il suo impiego principale lo ha visto protagonista di una vita nelle ferrovie, dove il suo sforzo era encomiabile. Oltre ad un lavoro massacrante, la sua esistenza è stata segnata dalla malattia del secondo figlio Nicholas. Il ragazzo ebbe una paralisi cerebrale, che lo ha costretto per lunghi periodi sulla sedia a rotelle. Una vita durissima, che ha iniziato a cambiare quando Lewis Hamilton ha incontrato, per la prima volta, Ron Dennis.
L’impegno come manager del figlio
A metà degli anni Novanta, il boss della McLaren decise di credere in quel giovane talento che faceva faville nei kart, mettendolo sotto contratto. Ron disse ad Hamilton: “Se andrai forte, ci rivedremo nel mio studio tra una decina di anni per discutere di un lavoro insieme nel mio team“.
Detto fatto, Lewis dominò la scena nei campionati minori, arrivando ad imporsi in GP2 nel 2006. I tempi erano maturi per il debutto in F1, ed appena un paio di anni dopo arrivò il primo titolo mondiale nel 2008. Dietro le spalle di quello che sarebbe diventato il pilota più vincente di sempre, si celava sempre la presenza di papà Anthony.
L’uomo intraprese la carriera manageriale, occupandosi delle questioni contrattuali del figlio. Indimenticabili i primi anni in McLaren, dove Anthony seguiva Lewis in ogni gara, regalandoci abbracci mozzafiato nei momenti belli ed altri consolatori quando le cose non andavano nel verso giusto.
Dopo qualche tempo, attorno al 2010, i due si separarono sotto il punto di vista lavorativo, con Anthony che iniziò a seguire l’allora pilota Force India Adrian Sutil. Negli ultimi anni, il padre di Lewis è riapparso spesso nel paddock della F1, non mancando mai all’appuntamento di casa sul tracciato di Silverstone.
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Si tratta di una storia bella ed emozionante, in cui un padre ha creduto nel talento del figlio nonostante delle difficoltà economiche e sociali che apparivano insormontabili. Lewis è una fonte di ispirazione per i giovani che non vivono situazioni tranquille, perché ha dimostrato che dal baratro si può risalire. Contro ogni previsione.