Tenere sotto controllo la percezione della nostra immagine al tavolo, in certe circostanze, può certamente essere una buona idea e se ne può estrarre molti vantaggi nel lungo periodo. Ma in quali occasioni e quanto ci dobbiamo investire?
In questo approfondimento affronteremo un tema abbastanza controverso, perché alcune questioni circa la manipolazione della propria immagine al tavolo, non sono ancora giunte a una conclusione rigida e precisa.
Ci sono diversi filoni di pensiero al riguardo, ma se evitiamo di perderci in discussioni da nerd sulle sfumature profonde e ci limitiamo ad analizzare la questione in generale, possiamo serenamente gettare delle basi che ci evitaranno di buttare una montagna di soldi per nulla. Dai neofiti ai giocatori che già masticano qualcosa.
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Ormai quasi tutti riconoscono l’importanza di osservare le azioni degli altri player al nostro tavolo, per adattare e perfezionare le decisioni di gioco in vista. È abbastanza risaputo anche il vantaggio che deriva dal tenere sotto controllo anche la propria immagine al tavolo.
Iniziamo quindi definendo cosa intendiamo quando si parla di “immagine” al tavolo. L’immagine al tavolo di un giocatore è l’idea dello stile di gioco percepita dagli altri partecipanti alla partita. Prima osservazione quindi:
A differenza quindi, ad esempio, di quando parliamo della velocità con cui riusciamo a calcolare le pot odds o quanto siamo abili a “leggere” la mano degli avversari, la percezione che gli altri hanno del nostro gioco dipenderà solo in parte da noi.
Significa cioè che per quanto possiamo curare finemente la nostra abilità nel nascondere il nostro modo di giocare reale o di depistare le percezioni a riguardo, se siamo di fronte a un giocatore che ha scambiato il tavolo da poker per quello della roulette (e sono tantissimi!), noi possiamo inventarci quello che vogliamo, ma quelli andranno avanti come se nulla fosse a puntare tanto quando hanno belle carte o “se la sentono bene” e passare quando non prendono la loro, indipendentemente da quanto ci sforziamo di far notare i segnali che inviamo.
Prima condizione quindi per far sì che abbia senso investire denaro o fiches nella manipolazione della propria immagine:
Gli avversari devono avere un livello tale di gioco che possano essere ricettivi circa le informazioni che inviamo per dare un’immagine, piuttosto che un’altra.
La seconda riflessione che possiamo fare riguarda ancora il field di giocatori. La composizione cioè della partita in questione. Andare a lavorare sulla nostra immagine percepita dagli altri giocatori è un investimento che può portare profitto, forse, solo nel lungo periodo. Chiediamoci quindi: Quante chance ho di ritrovarmi al tavolo con gli stessi giocatori in futuro? Quanto valore atteso in più, nel lungo periodo, posso aspettarmi di estrarre da un giocatore grazie ai “depistamenti” messi in atto? Rispetto a non investirci nulla in termini di denaro, tempo o attenzione, ci guadagno di più? Se sì, quanto?
Quelle che in prima battuta possono sembrare osservazioni banali o superflue, sono in realtà il fulcro di tutta il discorso. Andiamo a capirci meglio:
In questi casi può aver senso investirci qualcosina, a patto che sia rispettata anche la condizione di prima, proprio perchè abbiamo qualche chance di trasformare questo in un investimento potenzialmente fruttifero in futuro.
Seconda condizione necessaria affinché investire nel manipolare la nostra immagine al tavolo non sia una spreco totale:
I giocatori contro i quali stiamo investendo denaro o fiches per modificare la percezione della nostra immagine, devono essere solo quelli che sappiamo poter incontrare spesso in futuro.
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La propria immagine è in buona sostanza come un avatar di un qualsiasi videogioco, ma che decidiamo di utilizzare al tavolo da poker. Non siamo noi a giocare a poker, nella vita siamo magari persone completamente diverse, ma al tavolo abbiamo una sorta di seconda identità, un po’ come nei videogiochi possiamo lavorare intorno alle caratteristiche estetiche che fanno sì che gli altri player che incontriamo si ricordino di noi.
Per fare un parallelismo possiamo immaginare che questo nostro avatar nel poker rappresenti la nostra immagine come l’abbiamo definita all’inizio. Durante il gioco è come se alcuni avversari ci vedessero inizialmente come una sagoma nera e man mano che qualcuno nota delle giocate, allora ci mette un colore o un segno, così col tempo da costruire il nostro avatar. Se qualcuno non coglie i segnali, per lui rimarremo un anonimo avversario. Non farà quindi differenza averci giocato diecimila mani insieme o averlo visto per la prima volta in quella mano.
Capisco che per chi è abituato ad annotarsi mentalmente anche quante volta un avversario sbadiglia, può sembrare assurdo. La stragrande maggioranza degli avversari che incontreremo a livelli medi o bassi non guardano pressoché nulla del gioco, se non quando è il loro turno puntare.
Giusto per dare un’idea a spanne di cosa intendo con livelli medi o bassi, teniamo come line aguida per quanto riguarda i tavoli live, quelli con buy-in di torneo sotto i $250 e cash game con livelli $2/$4, mentre per quanto riguarda l’online tornei sotto i $70 e i tavoli cash sotto i $0.50/$1. Ovviamente troveremo spugne di informazioni anche in tavoli da $1 e gente che gioca solo con le proprie carte in tavoli da $1000, ma sotto quel livello, tantissimi giocatori non badano proprio a noi, se non a livello di simpatia personale o è forte/non è forte. Per il resto l’immagine al tavolo non viene proprio considerata.
La cosa che mi sento quindi di suggerire a chi gioca ancora a livelli “umani” di gioco o semplicemente non ha interesse a cambiare l’approccio amatoriale al poker, è che:
Salvo i pochi casi visti all’inizio, non ha minimamente senso investire un solo euro o una sola chip per cercare di manipolare la percezione della nostra immagine nella mente degli avversari.
Possiamo certo lavorare sulla percezione della nostra immagine in altri modi “gratuiti”, quello sì. Anzi, dovrebbe già essere una parte fondamentale della nostra strategia.
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