Lutto nel mondo del calcio: ci lascia un campione del Bologna, personaggio schietto e genuino. L’esempio di un pallone che non c’è più.
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Emblema uno stile, di una sobrietà che ci permetteranno di ricordare per sempre un uomo, prima che un calciatore.
Vinse un incredibile scudetto con il Bologna, nel 1964, protagonista fino all’ultimo di quella incredibile stagione con la maglia dei rossoblù. Ed era in campo in quello spareggio decisivo per l’assegnazione del tricolore, all’Olimpico contro l’Inter. Ma pochi dimenticheranno che vinse anche una Coppa dei Campioni e una Intercontinentale con il Milan. Correva l’anno 1969 e questo centrocampista guerriero, combattivo, ma dai piedi buoni, ebbe l’onore per due stagioni di difendere anche i colori dei Milan.
Stiamo parlando di Romano Fogli, indimenticato asso del Bologna: formò, negli anni 60, un centrocampo incredibile, roccioso, ma anche tecnico, con Giacomo Bulgarelli, di cui fu in un certo senso il braccio destro. Nel capoluogo emiliano era ed è una pietra miliare: 285 presenze, sei reti con i rossoblù.
7 giugno 1964, stadio Olimpico di Roma: si scende in campo per lo spareggio tra i giallorossi e l’Inter, per assegnare il tricolore. Con i nerazzurri ci fu un incredibile testa e testa per tutta la stagione, e non era certo tutto scontato. Quella era già la grande Inter di Helenio Herrera e di Tarcisio Burgnich, di Sandro Mazzola, di Jair, di Giacinto Facchetti. Quella era l’Inter che vinse la Coppa dei Campioni nella finale di Vienna contro il Real Madrid (3-1).
Ma in quella finale, incredibile, in quella gara dove contava forse il cuore più di ogni altra cosa, vinse il Bologna di Fulvio Bernardini, un allenatore intelligente, capace, pragmatico. Mentre l’Inter il 27 maggio del 1964 trionfava nel suo primo storico incredibile titolo europeo, la Coppa dei Campioni, arrivando in vetta al Continente, scrivendo la storia, da lì a qualche giorno il Bologna si preparava ad ottenere il suo settimo tricolore.
Gara unica, campo neutro l’Olimpico di Roma. Bernardini fu capace di ingabbiare totalmente l’Inter, con un centrocampo muscolare e tecnico dove spiccavano le doti di Bulgarelli e l’energia di Romano Fogli. In attacco, poi, c’era il bomber venuto dal freddo Nord, che scaldò il cuore degli emiliani e delle emiliane…Le donne impazzivano per Harald Nielsen, danese, classe 1941. Bologna in pratica lo adottò: 157 presenze, 81 reti. Un Dio dell’area di rigore. E furono proprio i goal di Fogli e dello scandinavo a consegnare il tricolore ai rossoblù. Nel capoluogo emiliano, giornalisti e tifosi, avevano degli aneddoti particolari per il compianto Fogli. Dicevano avesse una eleganza fuori dalla norma, imparagonabile a quella di altri calciatori.
Corsa pulita e armonica, bella fisicità, energico, sempre al servizio della squadra. Ma non il classico “ruba palloni”, aveva classe, tanta classe. E oltre alla maglia del Milan, con cui si tolse la soddisfazione di due titoli meravigliosi, indossò anche quella del Catania.
Seconda Guerra Mondiale: Fogli nasce nel pieno del conflitto, è piccolissimo. Proviene da una famiglia contadina pisana, Santa Maria a Monte. Gli furono inculcati rigore e umiltà. Quelli che dimostrò in campo, sempre, e nella vita.
Fu anche un discreto allenatore, prima vice al Bologna dal 77 al 79, poi guidò i felsinei nel 93, terzo di quattro allenatori in una scellerata stagione che vide i rossoblù retrocedere dal torneo cadetto alla Lega Pro. Trapattoni lo volle come suo secondo nell’esperienza alla Fiorentina, quella di Edmundo per intenderci. Furono compagni di squadra nel grande Milan, quello di Rivera e di Nereo Rocco. Fece anche parte della rosa della nazionale azzurra agli infausti mondiali inglesi del ’66.
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Ci lascia, senza alcun dubbio, uno dei campioni più amati del passato. Un uomo che si scrollò di dosso con coraggio la polvere di una Italia che usciva dalle miserie della Guerra e si disegnò un futuro che lo consegna alla storia del nostro calcio. Con coraggio e passione.
In questo video del 1969, vediamo proprio un suo goal Bologna, con la maglia del Milan.
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