Roberto Baggio, ecco perché in carriera avrebbe potuto fare ancora di più: oggi, 35 anni dal suo esordio in Serie A.
21 settembre 1986: vi dice nulla questa data? È quella dell’esordio in Serie A, di uno dei calciatori italiani più forti della storia, Roberto Baggio. Fu Bersellini nella stagione 1986/87 infatti, a farlo giocare per la prima volta in un Fiorentina-Sampdoria, dopo un anno di peripezie dovute al suo primo, grave infortunio.
E di fatto sono stati i maledetti infortuni a tener spessissimo il Divin Codino fuori dai campi da gioco. Infatti, in quell’anno stesso, anzi, sette giorni dopo l’esordio, fu costretto di nuovo a fermarsi per una lesione al menisco del ginocchio destro.
Roberto Baggio: cosa ne ha frenato la carriera
E questi erano solo gli inizi. Ma Roby, come ancora oggi lo chiamano i tifosi italiani che non hanno dimenticato le sue gesta, è stato più volte sul punto di smettere. E la vera malattia del codino di Caldogno, è proprio quella: il calcio. Se avete visto le foto del ginocchio di Ibrahimovic, immaginate che nulla sono, con tutto il dovuto rispetto per lo svedese, in confronto a quelle che vedreste se cercaste le ginocchia di Baggio.
Quando l’ex Juventus ed Inter infatti, abbassava un po’ i calzettoni, si vedevano chiari i segni delle ripetute operazioni, che ripetiamo, avrebbero dovuto farlo smettere prima dei 37 anni. A consigliarglielo, i medici stessi che negli anni si sono presi cura di lui che invece si è rimesso sempre in piedi per combattere.
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La sua storia, con tanto di infortuni, è ben raccontata nel film Netflix: Il Divin Codino. In parte, grazie alla bravura di Andrea Arcangeli, potremmo rivivere non solo le sofferenze dell’ex campione, ma anche la sua testardaggine che lo faceva continuare, nonostante delle ginocchia sempre meno affidabili. L’ultimo stop, capitò al ragazzo quando era al Brescia. Una rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e lesione del menisco interno. Ma Roberto si rialzò, e dopo soli 81 giorni era in campo, perché voleva partecipare al Mondiale del 2002. Ma purtroppo Trapattoni decise di non chiamarlo.