Licenziato dalla Haas non appena scoppiata la guerra in Ucraina, Mazepin torna a farsi sentire denunciando le condizioni degli atleti russi.
Scattato il primo weekend della stagione in Bahrain e avuta la conferma che la Haas di quest’anno è tutta un’altra cosa rispetto al recente passato, la mente di tutti è andata a Nikita Mazepin. Costretto ad un assaggio di F1 su una monoposto da ultima fila, il figlio del magnate Dmitry, già malvisto per le modalità con cui era approdato nella massima serie dell’automobilismo, il moscovita sta affrontando un altro contrappasso: guardare da casa Kevin Magnussen arrivare costantemente a punti al suo posto.
Mandato via a causa della propria nazionalità nonostante la FIA avesse dato l’ok ai piloti russi a continuare a correre, ha dapprima denunciato la scuderia americana per averlo messo alla porta senza nemmeno avvisarlo, quindi ha creato un’associazione per tutelare gli sportivi del suo Paese.
Mazepin contro l’embargo nei confronti degli atleti
Intervistato da BBC News, ormai a freddo, il 23enne ha ribadito il pensiero espresso sin dai primi momenti. “Come ho già detto, non sono d’accordo con questi provvedimenti“, ha sostenuto. “Per questo ho deciso di combatterli. Forse non è il frangente giusto per sottolineare certe cose ma, se guardiamo la situazione nel complesso, quello che sta accadendo a noi è una sorta di cancel culture“.
Secondo l’ex F1, oggi privo di lavoro, si sta assistendo ad un ostracismo senza senso nei confronti di donne e uomini con un unico interesse: fare attività sportiva ad alto livello, senza alcun messaggio polic.
“Vivo nello stesso mondo in cui vivete voi e anche per me è molto doloroso guardare le immagini del conflitto“, ha proseguito nel suo sfogo. “Ciò che provo è fortemente condizionato dal desiderio di pace condivisa. Tuttavia, onestamente, ci sono degli enormi rischi nell’esprimere qualsiasi giudizio a tal proposito. Ciò significa che comunque scontenterei qualcuno e di conseguenza ho deciso che starò in silenzio”, ha concluso ben attento a non schierarsi troppo per evitare ulteriori ripercussioni sulla sua carriera e probabilmente sulla propria esistenza e quella della famiglia.