La superiorità di Michael Schumacher ai tempi della Ferrari fu spiazzante. Una statistica particolare lo sottolinea in maniera particolare.
La carriera di Michael Schumacher è legata a doppio filo con la leggenda Ferrari. Il Kaiser di Kerpen debuttò in F1 nel 1991, per poi vincere in seguito i suoi primi due mondiali a bordo della Benetton. Le doti al volante, il talento tecnico e le capacità di aiutare lo sviluppo della monoposto convinsero Maranello ad offrirgli un contratto.
Nel 1995, anno del suo matrimonio con Corinna e del secondo iride, arrivò l’annuncio del suo passaggio al Cavallino. L’Avvocato Gianni Agnelli commentò così l’arrivo di Michael in rosso, facendo intendere che la cifra sborsata per convincerlo a mollare la Benetton fu piuttosto onerosa: “Di certo, non è venuto qui per un tozzo di pane“.
Di quell’investimento, Luca Cordero di Montezemolo e tutti i vertici di Fiat e Ferrari non se ne sarebbero pentiti. Già nel 1997, secondo anno al Cavallino, Schumacher fu in grado di giocarsi il mondiale sino all’ultima gara contro Jacques Villeneuve, al volante del missile britannico Williams–Renault. Il finale di Jerez costò il campionato al tedesco, ma le basi per il futuro erano state poste.
Nel 1998 la sfortuna consentì a Mika Hakkinen ed alla McLaren di portare a casa il titolo, poi bissato l’anno dopo grazie all’infortunio di Silverstone del tedesco. Quel mondiale che la Ferrari non vinceva da ben 21 anni stava diventando una maledizione, e la stagione 2000 era ormai alle porte.
Dopo un duello entusiasmante contro il finlandese e la sua freccia d’argento, a Suzuka il tanto agognato alloro iridato tornò in Italia, al termine di una corsa folle e vinta di strategia. Le campane di Maranello tornarono a suonare a festa dopo oltre un ventennio, l’era Ferrari era solo all’inizio.
Schumacher, il primato che testimonia il suo dominio
Dopo il GP del Giappone ed il ritorno sul tetto del mondo, per Michael Schumacher e la Ferrari si aprì la strada verso un’abbuffata di vittorie. Il 2001 venne dominato, con i conti che vennero chiusi in agosto a Budapest, nel Gran Premio di Ungheria. La rossa diventava ufficialmente imbattibile.
La Scuderia riuscì a superarsi nel 2002, quando venne portato in pista un vero e proprio gioiello di tecnologia. La F2002, che debuttò in Brasile (terza gara dell’anno), vinse tutte le gare tranne quella di Monaco, dove il Kaiser dovette arrendersi alla McLaren di David Coulthard.
Dall’Australia al Giappone, appuntamento che chiudeva la stagione, Schumacher non scese mai dal podio, siglando il record di 17 podi in un solo campionato. Nessuno aveva mai fatto meglio. L’altro primato stabilito porto il numero di terzi posti consecutivi ottenuti, che salì a 19 considerando i GP degli Usa e del Giappone di fine 2001.
L’epopea del Kaiser e della Ferrari e le mosse per fermarla
Il 2003 fu un’annata più complessa, a causa dei nuovi regolamenti che avevano avvicinato la McLaren e la Williams. La Ferrari si districò benissimo nelle ultime prove stagionali, e Schumacher mise le mani sul sesto mondiale all’ultima gara, battendo Kimi Raikkonen. Juan Manuel Fangio era stato superato.
Nel 2004 si tornò a due anni prima: la nuova rossa fu inattaccabile, e Michael vinse 13 gare su 18, lasciando due successi anche a Rubens Barrichello. La dittatura del Cavallino era troppo marcata, e la Federazione Internazionale intervenne in maniera drastica. Per il 2005, venne imposto un solo treno di gomme per disputare qualifiche e gara, una mazzata per le gomme Bridgestone che fornivano le Ferrari.
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Si trattò di un anno nero per la Scuderia modenese, che ottenne solo una pole in Ungheria ed una vittoria ad Indianapolis. Le cose migliorarono nel 2006, ma a causa del cedimento del motore in Giappone, Schumacher dovette cedere alla Renault di Fernando Alonso. L’epopea degli uomini in rosso si era definitivamente conclusa.