I primi tre gran premi di questo 2022 hanno mostrato una MotoGP in cerca di padrone. Tra numeri e ipotesi, ecco cosa sta accadendo e accadrà.
Tanto spettacolo, sorpassi a non finire ma soprattutto ogni volta un pilota diverso a vincere. La MotoGP in questo 2022 ha cominciato come mai forse aveva fatto in vita sua. Confermando di essere un campionato altamente competitivo ma anche senza un vero padrone. In Qatar la sorpresa Enea Bastianini, poi nel diluvio indonesiano la riscossa della KTM con Miguel Oliveira, infine nell’assolata Argentina il lampo nero dell’Aprilia, al suo primo trionfo nella classe regina (grazie ad Aleix Espargarò) da quanto è ritornata nel 2015.
Tre GP per tre piloti e case diverse. Segno che si prospetta un Mondiale più incerto che mai. Frutto non solo di un regolamento che ha portato tutti ad avvicinarsi a livello di prestazioni, ma anche di cali improvvisi (e inspiegabili) di chi finora l’aveva dominata questa MotoGP.
Detto che regna l’anarchia più totale, sono i dati però a supportare tutto questo. I piloti, dopo 3 GP, sono più vicini che mai. Basti guardare quanto passa tra Aleix Espargarò, ora nuovo leader della classifica MotoGP e Pecco Bagnaia, primo indiziato a inizio stagione per la vittoria finale, per capire che tutto è ancora possibile e che tutti sono potenzialmente in lotta. Non solo di nome, ma nei fatti.
Il dato più eclatante è rappresentato non solo poi dai tre vincitori differenti ma dai nove piloti già saliti sul podio in tre gare di MotoGP, roba che se non è un record questo poco ci manca. Infatti è successo solo altre due volte in passato, mentre non è mai accaduto che dopo tre GP il leader della classifica generale abbia solo 45 punti. Sicuramente le condizioni in cui si sono svolte le prime gare alimentano l’eccezionalità di quanto sta accadendo, ma questo non basta a spiegare questo vuoto di potere che si è venuto a creare.
Ad oggi quello che emerge è che tutti sono alle prese con nuovi progetti, con moto acerbe ma dal grande potenziale. E che tutti sono vicinissimi. Anche in Argentina almeno i primi 10-15 piloti erano racchiusi in un secondo, segno che basta un niente, una soluzione tecnica diversa, per ritrovarsi alle stelle ma anche alle stalle. Ma c’è chi già ha fatto vedere un progresso che può essere decisivo nella lotta al titolo, dove conta solo una cosa: la costanza di rendimento.
L’Aprilia è la casa che ha mostrato maggior crescita da inizio stagione, con telaio e motore che hanno reso la “nera” una moto pronta per essere stabilmente davanti in ogni gara della MotoGP. ma servono ulteriori conferme. Sorniona poi c’è la Suzuki, che memore di un 2020 da alloro sta seguendo quella linea, fatta di risultati ancora non troppo eclatanti ma di una costanza invidiabile. Dietro tutte le altre. KTM si vede a sprazzi, e non con un solo pilota, Ducati piange a livello ufficiale ma ha in termini assoluti fatto vedere che ha potenzialmente la moto migliore del lotto ma che va svezzata in fretta. Punti interrogativi Yamaha e Honda: se la prima si salva solo con il solito Fabio Quartararo, che però potrebbe stufarsi, la seconda piange eccome l’assenza del suo faro Marc Marquez e di una seconda scelta ancora traballante.
E da questa analisi emerge un altro fatto: che visto l’andazzo, non si potrà più contare su un solo pilota per puntare al Mondiale MotoGP ma su più “frecce”, cosa mai successa in passato e particolare che le case dovranno seriamente prendere in considerazione. Quella più avanti allora sembra essere, da questo punto di vista, la Ducati, che conta ben otto moto di cui cinque con la GP22: Bagnaia, Miller, Martin, Zarco e Marini. E tutti potenzialmente capaci di lottare per il campionato. A seguire poi Suzuki e Aprilia, che seppur contino solo due moto a testa, hanno dalla loro il fatto di avere piloti che in termini di prestazioni si equivalgono, più o meno. Alex Rins è in ripresa dopo anni di sudditanza a Joan Mir, che comunque rimane lì, mentre Aleix Espargarò al suo fianco ha un Maverick Vinales che sta dando a sprazzi dei segnali di crescita.
E le altre? KTM ha da anni intrapreso la politica dello sviluppo affidato a più “piloti”, mentre faticano in tal senso Honda e Yamaha. In Texas vedremo senz’altro un altro step, ma è dal Portogallo che si comincerà a fare sul serio. In 10 settimane andranno in scena ben 7 GP: a giugno quindi si dovrà già avere l’idea di chi potrà lottare o meno per lo scettro della MotoGP. Perché per il momento si va avanti solo a ipotesi. La MotoGP è alla ricerca disperata di un padrone che non vuole saperne di uscire allo scoperto. Ma non si può scappare troppo a lungo.
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