Il bicampione del mondo della classe regina, Casey Stoner, ha analizzato la sua carriera, sottolineando che solo una cosa lo faceva godere in pista.
Casey Stoner oggi è una leggenda del motorsport. Il campione partì dall’Australia ventuno anni fa per inseguire il suo sogno su due ruote. Il centauro si è consacrato in MotoGP, in un momento storico dove la classe regina sfoggiava dei talenti straordinari. Ha sfidato i migliori e li ha battuti, a volte, in modo schiacciante. Il nativo di Southport ha da poco compiuto trentasei anni, ma la sua vita è stata così intensa che sembra passato un secolo dal suo arrivo nel motomondiale.
Giunto nel Vecchio Continente nel 2000, iniziò a correre nel challenge Aprilia 125 spagnolo. Contemporaneamente l’australiano prese parte dal campionato inglese, vincendo sette gare e arrivando al secondo posto finale, e in quello spagnolo, dove ottenne tre vittorie. La chiamata nel motomondiale non si fece attendere e grazie ad una wild card corse due Gran Premi in 125 nel 2001. A soli sedici anni Casey strappò il primo contratto con Lucio Cecchinello.
Stoner fu catapultato, immediatamente, in 250 in sella ad una Aprilia dove mostrò, solo a tratti, il suo talento. Il giovane era ancora troppo acerbo per ottenere risultati di grido nella classe di mezzo. L’australiano raggiunse un dodicesimo posto finale con 68 punti, ottenendo come miglior risultato un quinto posto sul circuito di Brno. Casey, a quel punto, decise di continuare nella squadra di Lucio Cecchinello ma in 125. Il carattere dell’australiano si può riassumere anche in questa scelta che fu lungimirante. Oggi assistiamo spesso a scelte estreme, tese a bruciare le tappe, di tanti piloti che poi finiscono per arrivare ai vertici troppo presto e rovinarsi la carriera.
Casey Stoner e quel desiderio soffocato
Dopo due stagioni in 125, Stoner sfiorò il titolo in 250 nel 2005. L’anno successivo l’australiano si sentì pronto al grande salto in MotoGP che sfruttò come anno di formazione in vista del tripudio del 2007. In sella alla Honda, Casey alternò buone performance a cadute rovinose e, a volte, inspiegabili. La Ducati colse al volo l’occasione per lanciare l’australiano nel team ufficiale al suo secondo anno in top class.
La storia di successi che ottenne il centauro di Southport in sella alla Desmosedici è entrata, di diritto, nelle imprese eroiche del motomondiale. Neanche il più grande degli ottimisti di Borgo Panigale avrebbe potuto sognare un binomio come quello che nacque nel 2007 tra Stoner e la Ducati. Il giovane era, assolutamente, imprendibile. Non solo riuscì a sfruttare al massimo la potenza del motorone italiano, ma guidò nel misto la Rossa come nessuno fu più in grado di fare negli anni avvenire. Si laureò campione del mondo davanti a Daniel Pedrosa e Valentino Rossi.
Per rendere l’idea del livello di performance di Stoner in quell’anno, l’australiano, anche senza l’aiuto del compagno Loris Capirossi, avrebbe fatto vincere da solo il campionato costruttori alla Ducati, dominando i team Honda e la Yamaha. Casey si riconfermò nel 2011, conquistando in sella alla Honda il suo secondo titolo in top class.
“Non ho mai avuto davvero il desiderio o la voglia di correre di nuovo. Ma mi sono sempre piaciute le qualifiche e le sessioni di allenamento nei fine settimana – ha dichiarato Stoner a Speedweek – le qualifiche e le prove sono sempre state divertenti quando sei focalizzato a guidare uno o due giri nel modo più duro e veloce possibile. Per me è stato molto più emozionante che vincere una gara”.
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“In gara non spingi mai più forte che puoi. Devi gestire le gomme, il consumo di carburante, la situazione generale e se poi provi a spingere più che puoi e cadi sembri uno scemo. In gara devi sempre trattenerti un po’ in un certo senso. In qualifica, invece, ci si sente liberi ed è sempre stato molto divertente”, ha concluso Stoner.