E’ una domanda che si pongono in tanti, perché i primi tre classificati in F1 festeggiano sul podio spruzzando champagne? Ecco quando nasce la storica tradizione.
In inglese la chiamano “champagne shower“, ossia la doccia di champagne, ed è una consuetudine che esiste in tante categorie del Motorsport. L’origine della tradizione risale alle prime corse automobilistiche, quando i cavalieri del rischio rischiavano la vita su bolidi che erano più delle bare volanti, che sicure monoposto. Le auto erano instabili, i livelli di sicurezza minimi e i piloti erano considerati degli eroi, sfidando la morte ad ogni giro. Un piccolo errore lo si pagava con la vita o una ferita dalle incalcolabili conseguenze.
L’automobilismo è sempre stato un affare per ricchi, salvo qualche eccezione. Dalla classe operaia, all’epoca, era difficile che un ragazzo potesse emergere. I pochi che riuscivano a diventare dei piloti professionisti se la dovevano vedere con uomini di sangue blu, figli di papà per lo più con il pallino dei motori. Oggi il circus non è molto diverso, in un ambiente di milionari e a volte miliardari, oltre a numerosi figli d’arte che hanno avuto una strada spianata. Il talento, alla fine, è l’elemento imprescindibile. Il cronometro, per fortuna, non mente e non si abbassa con un conto in banca maggiore.
La storia narra che il primo a rinfrescarsi con uno straordinario Moët & Chandon fu il vincitore di una classica dell’epoca. Nel 1936 a Long Island, gli organizzatori della Vanderbilt Cup decisero di regalare al primo classificato, oltre al trofeo, una bottiglia enorme di champagne. La Salmanazar è un tipo di bottiglia modello Champagnotta, solitamente usata per champagne o altri vini spumanti della capacità di 9 litri corrispondenti a 12 bottiglie da 0,75 litri. A New York il primo classificato della corsa si vide arrivare il bottiglione di 9L. Lo champagne era talmente tanto che si poteva anche “sprecare”, non versandolo tutto in gola. Una immagine, eloquente, mise in luce le dimensioni delle bottiglie affianco a piloti minuti dell’epoca, come Tazio Nuvolari.
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F1 e la tradizione del Moët & Chandon
L’immagine del successo fu associata alla nota marca di champagne francese. Oggi è una delle più grandi case produttrici di champagne del mondo. Fondata nel 1743, produce annualmente più di 24 milioni di bottiglie di champagne. In F1 la tradizione iniziò con Nino Farina e Juan Manuel Fangio che festeggiarono sul podio i primi successi nella massima categoria del Motorsport.
Se avete visto il film “Ford vs Ferrari” vi ricorderete Bruce McLaren, Chris Amon e Ken Miles al volante della GT40 Mark II alla 24 Ore di Le Mans. Il clamoroso successo della Ford fu celebrato con lo spruzzo dello champagne, sotto esplicita richiesta di Henry Ford II che voleva una Jeroboam, ovvero il modello di bottiglia da tre litri. La tradizione ebbe una popolarità assoluta con le celebrazioni di Dan Gurney e Jo Siffert. Da allora gli inni furono seguiti da docce di champagne che mandavano in visibilio la folla. Fino al 2000 Moët & Chandon è stato lo champagne simbolo della categoria regina del Motorsport. Campioni come Senna e Michael Schumacher sono stati immortalati sul podio con la bottiglia francese.
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Il marchio Mumm sottrasse la leadership storica alla Moët & Chandon. Dopo 15 anni di “champagne shower” con la Mumm, si passò allo spumante di Chandon, poi al marchio premium Cardon. Dal 2021 lo spumante è italiano, con la partnership con le cantine Ferrari Trento. Negli Stati Uniti, all’Indy 500, per il vincitore è prevista una doccia di latte. Ogni Paese ha le sue tradizioni, ma lo champagne è un evergreen imbattibile.