Un circolo di poker abusivo, un elaborato marchingegno chiamato Pina e diversi organizzatori sono stati coinvolti l’inchiesta denominata “Showdown” che ha portato alla luce un’ingegnosa truffa ai danni di diversi giocatori siciliani.
Avevamo su queste pagine già parlato delle diverse truffe che riguardano il mondo del poker, sia in versione online che dal vivo. Le ricostruzioni che andremo a fare daranno qualche motivo in più per tenere sempre bene a mente le accortezze necessarie quando decideremo di sederci al tavolo da gioco.
Tutto ebbe inizio a settembre 2018 quando viene dato il via a un’indagine dei carabinieri della sezione operativa del reparto territoriale di Gela, con il coordinamento della locale Procura diretta da Fernando Asaro. Solo un anno più tardi il gip del tribunale di Gela firma, su richiesta della Procura, l’ordinanza di misure cautelari a carico dei tre organizzatori di una truffa dal sapore tutto italiano. Il giro d’affari dell’organizzazione ammonterebbe a diverse centinaia di migliaia di euro. Vediamo cosa è successo.
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I carabinieri del reparto Operativo di Caltanissetta e la Procura di Gela, ha reso note le ricostruzioni che hanno portato poi agli arresti.
“L’attività investigativa è stata avviata a seguito di numerose segnalazioni grazie alle quali si apprendeva dell’esistenza di una bisca clandestina nel territorio di Gela, all’interno della quale venivano organizzate serate da gioco di poker nella sua declinazione del Texas Hold’em cash game, ovvero mediante puntate senza limiti massimi di importo (e quindi senza limiti di vincita/perdita). – sottolineano i Carabinieri – La peculiarità delle serate attiene l’utilizzo, da parte dei membri del sodalizio criminale, di un congegno elettronico, in gergo denominato “Pina”, in grado di predire il vincitore delle singole mani di gioco, e pertanto utilizzato per pilotare le partite e truffare ignari giocatori”.
Ora, al netto dell’imprecisione riportata nelle dichiarazioni circa gli importi in gioco durante una partita cash game, è utile notare come tutti i partecipanti a quelle partite non avevano mai minimamente sospettato nulla di quanto stesse accadendo alle loro spalle.
Per capire il motivo della riuscita – almeno iniziale – della grossa truffa, vediamo che tipo di marchingegno sono riusciti a inventare gli aspiranti Ispettore Gadget nostrani.
Pina non è altro quello che all’apparenza è un normalissimo porta fiches come quelli in uso in moltissime case da gioco e circoli. Al suo interno però nasconde ben occultata una telecamera a infrarossi. Questa, dopo aver decodificato il codice a barre invisibile apposto sul dorso di ogni singola carta da gioco in uso nella partita, calcolava attraverso un elaborato programma informatico a quale dei player presenti sarebbe toccata la combinazione vincente.
A questo punto il sistema procedeva trasmettendo la preziosa informazione ad un cellulare collegato tramite bluetooth con un mini auricolare in dotazione al truffatore seduto al tavolo. Questi quindi non doveva fare altro che individuare innanzi tutto il giocatore vincente. In un secondo momento, toccando le fiches di colore rosso, segnale convenzionale pattuito in precedenza, avvisava i propri complici in modo da agire di conseguenza. Non era difficile a quel punto pilotare di fatto il gioco del tavolo intero, derubando in questo modo i poco accorti malcapitati.
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La risposta qui è, come spesso accade, un “dipende”. Quella messa in atto grazie all’ausilio di Pina non è che una delle tantissime modalità con le quali bari e truffatori hanno cercato – e cercano – di derubare chi vuole guadagnarsi onestamente il proprio bankroll giocando a poker. Alcune truffe si possono riconoscere più facilmente ed evitare. Altre rendono più complicato accorgersi di ciò che accade, ma è semplice poi ottenere giustizia e talvolta anche al restituzione del maltolto. Circostanze ancora come quella di Pina decritta nell’articolo di oggi, lasciano invece davvero poche vie di scampo.
Come abbiamo già parlato esaustivamente in questo articolo: Come smascherare il baro che prova a ‘farti il mazzo’, quando siamo seduti ad un tavolo che, come in questo caso, presenta dealer, organizzatori e pure alcuni avversari coinvolti nella truffa, ormai la frittata è fatta. Non possiamo pensare di uscirne bene. Hanno gettato delle buone reti e noi, pesciolini indifesi, ci siamo finiti dritti in mezzo.
Una volta anche scoperto l’inganno e notati i movimenti sospetti, che possiamo fare? Non è certo una buona idea mettersi a discutere con quel tipo di persone. Di certo i soldi che ci hanno portato via non valgono l’arrivare alle mani – o peggio – con un’organizzazione criminale. A quel punto neanche cercare aiuto dallo stato è la soluzione ideale. In fondo abbiamo già commesso un illecito sedendoci a giocare in una bisca clandestina e siamo noi stessi perseguibili.
L’unica mossa intelligente per evitare di cadere vittima di truffe e raggiri quando giochiamo a poker, neanche a dirlo, è agire sulla prevenzione. Naturalmente trovare delle case da gioco regolari in Italia, specialmente nelle zone più lontane dai capoluoghi e dalle grandi città, non è certo un’impresa semplice. È quindi comprensibile che se si vuole fare una partita dal vivo si possa cadere in queste situazioni un po’ borderline. Non per questo però si deve alimentare certe realtà come se nulla fosse. Anche perchè serve a poco piangere dopo.
Ciò che nel nostro piccolo ciascuno di noi può fare, oltre a cercare di preservare la propria incolumità e le proprie tasche evitando situazioni e realtà non troppo sicure, è forse quella di fare un po’ di pressione sul legislatore affinché si chiariscano finalmente le norme riguardanti i circoli di poker e le case da gioco in Italia. In fondo è solamente da oltre un decennio che se ne parla, senza però mai arrivare a un dunque.
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