Pochi sanno che tra i passati presidenti USA si nascondevano dei veri e propri campioni di poker: uno di loro si è anche pagato la campagna elettorale con le vincite al tavolo verde.
La strategia che utilizziamo per affrontare una partita di poker è probabilmente per certi versi simile alle abilità strategiche necessarie a guidare una realtà enorme e complessa come gli Stati Uniti d’America.
Molti presidenti, o candidati alla carica, hanno però cercato di nascondere questa loro passione. Presumibilmente per timore che il gioco, non sempre visto nell’ottica giusta, avesse ripercussione negative sulla loro immagine politica di fronte all’opinione pubblica, non sempre avvezza a valutare i politici al netto di pregiudizi e pettegolezzi.
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Alcuni presidenti hanno però potuto sfruttare la cosa per creare vicinanza e simpatia da parte dei propri elettori. Per fare un esempio abbastanza recente, quando il presidente Barack Obama era in corsa per l’elezione, iniziarono a girare articoli, su diverse testate di larga diffusione, che dipingevano l’allora senatore come un avido giocatore di poker.
Questi andavano anche a sottolineare come l’ambiente del poker lo abbia aiutato a conoscere, fuori dagli ambienti ingessati, i colleghi del congresso con i quali andrà poi a correre per la presidenza scalando uno dopo l’altro i gradini del potere, in una delle nazioni più ricche e potenti al mondo.
Dopo la vittoria e l’elezione a presidente, per non parlare della successiva conferma, molti commentatori politici ed esperti di giochi e strategia hanno potuto sostenere a maggior ragione che la correlazione tra le abilità mostrata come poker player e quelle messe in campo nella politica ai massimi livelli fosse più che fondata.
Il calcolo dei rischi e benefici di una tal decisione. Leggere eventuali “bluff” da parte degli avversari. Fare valutazioni di lungo periodo su eventi con dati incompleti a disposizione. Tutte le abilità che fanno la differenza al tavolo verde, possono farlo anche quando si guidano team di persone più o meno grandi, fino, come vedremo, ai massimi livelli. Fino ad appassionare presidenti degli Stati Uniti.
Andiamo a vedere ora i 5 presidenti degli Stati Uniti che vengono ad oggi hanno la reputazione di migliori giocatori di poker.
Diversi presidenti, si dice, abbiamo mantenuto la passione per il poker anche dopo l’inizio dell’incarico. La storia di Warren G. Harding, ventinovesimo presidente eletto degli Stati Uniti d’America, in carica dal 1921 al 1923, è però forse più conosciuta di tanti altri di fronte al grande pubblico. Harding non ha mai nascosto le sue partite abituali. Tanto che l’abitudine di riunirsi due volte a settimana con i membri più stretti del suo staff ha fatto si che si parlasse di “poker cabinet” grazie a queste partite-riunioni ormai diventate celebri anche fuori dalle porte della Casa Bianca.
Si narra anche che le partite fossero decisamente segnate da un livello molto alto di competizione e Harding, amante delle sfide e del sano e onesto confronto, non smetteva mai di ripetere che il suo status non avrebbe dovuto in alcun modo influenzare il gioco degli altri partecipanti al tavolo. Problematica che, possiamo facilmente immaginare, ha riguardato diversi altri presidenti nelle medesime situazioni.
Harding, tra le altre cose, è da molti però considerato come il peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto. Per palese inesperienza, ma anche per tutta una serie di scandali. Reali o meno non sta a noi giudicarlo, si parlava comunque di colpi di testa dovuti anche a un consumo eccessivo di alcolici e la vita un po’ dissoluta che ha caratterizzato parte della vita pubblica del presidente.
Un dettaglio divertente: leggenda narra che Harding, tra le altre cose, abbia scommesso parte del servizio di piatti della casa bianca durante una partita a poker. Varie fonti sembrano smentire l’accaduto, mentre altre confermano il racconto. Sta di fatto che, ancora oggi, possiamo trovare in vendita dei piatti provenienti da quella collezione riservata alla Casa Bianca.
Harry S. Truman entrò in contatto con il gioco del poker durante la sua permanenza al fronte, come soldato, durante la Seconda Guerra Mondiale. Da allora non ha mai smesso di praticare questa passione, anche una volta eletto Presidente degli Stati Uniti d’America. Truman era conosciuto, oltre che per le grosse somme che giocava al tavolo verde, anche per la sua capacità di giocare in scioltezza molto denaro anche in vari giochi d’azzardo e scommesse.
Spesso attribuito al presidente Truman è anche il famoso detto (negli Stati Uniti): “The Buck Stops Here”. Il “buck” si riferisce al coltello che veniva utilizzato in passato per indicare a quale giocatore spettasse la parola. Una sorta di antenato del nostro moderno Button.
Truman arrivò alla presidenza degli Stati Uniti sostituendo, nel 1945, il defunto Franklin D. Roosvelt. I due ebbero tanto in comune, tra le altre cose, condividevano anche la passione per il poker. Si dice infatti che Truman fosse seduto al tavolo verde quando giunse alla sua attenzione la notizia della dipartita di Roosvelt.
Franklin D. Roosvelt era dedito principalmente al gioco della variante stud, giocando però sempre low stack. Anche lui era noto per scaricare le enormi tensioni della guerra in corso, trascorrendo diverse ore al tavolo verde. Anche se la notizia non ha trovato conferma, molte fonti riferiscono di aver sentito rumore il rumore tipico delle fiches quando le si mischia con le mani proprio mentre stava trasmettendo la famosa “Fireside Chat” alla radio durante la guerra.
Si narra che Rooswelt fosse apparentemente un abilissimo giocatore. Pare però che non abbia proprio evitato sempre di far pesare la sua posizione per ottenere vantaggi di qualche sorta. Ogni anno, infatti, ospitava una partita la notte dell’ultima sessione del Congresso durante la quale vigeva la regola che chiunque fosse in vantaggio nel momento in cui venisse riaggiornata la sessione, veniva dichiarato vincitore. Si dice che una volta stava partecipando a una partita dove non era proprio in vantaggio quando ricevette una chiamata. A quel punto finse di non essere lui. Un paio d’ore dopo, quando invece tornò in vantaggio, prese in mano il telefono e dichiarò quindi sospesa la sessione di gioco. Decretandosi di conseguenza, in quel modo poco corretto, come il vincitore.
Gli altri partecipanti non scoprirono l’inganno fino al giorno seguente. Fine astuzia o disonestà fuori luogo? Ai posteri la sentenza.
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Il secondo gradino del nostro podio spetta per gran merito al trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti. Parliamo naturalmente di Dwight Eisenhower.
Conti alla mano, Eisenhower è riconosciuto in modo unanime come una fortissimo ed esperto giocatore di poker. Imparati i rudimenti del gioco negli anni nella giovinezza, ha poi approfondito la teoria e affinato la tecnica, studiando meticolosamente la matematica dietro al gioco, usando quindi la conoscenza ancora poco diffusa di concetti come le pot odds per avere un netto vantaggio su tutti gli avversari con i quali si trovava a scontrarsi.
Eisenhower non smise mai di coltivare la sua passione. Continuò a praticare il gioco e accumulare vittorie al tavolo anche durante la carriera militare che portò a diventare un generale con una sterminata lista di onoreficenze.
Famose furono le partite di poker che abitualmente disputava con il generale statunitense George Patton durante la guerra. Un curioso aneddoto risalente alle sue partite al fronte, riguarda un generoso atto di pietà che organizzò verso un ufficiale che perse malamente durante una partita. Venuto a conoscenza che questi aveva scommesso una cifra per lui importante, Eisenhower organizzò un generoso stratagemma. Si accordò con gli altri frequentatori abituali della partita per organizzare altre partite la sera successiva, nelle quali perdere di proposito. Così facendo fece recuperare la somma al soldato, mostrando, oltre all’abilità tecnica nel gioco, anche di non dimenticare l’aspetto umano.
A differenza del compassionevole Eisenhower, il suo vicepresidente Richard Nixon era uno squalo al tavolo verde. Nel senso che non appena sentiva l’odore del sangue, non perdeva occasione di terminare i suoi avversari meno abili al gioco. Nonostante fosse conosciuto per aver ricevuto un’educazione che consisteva in insegnamenti che consideravano il poker come un gioco peccaminoso, Nixon si è rivelato un grande e abilissimo giocatore di poker. Soprattutto durante il periodo di servizio nella Marina degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale.
Si dice che chiunque sedesse al tavolo con lui, descriveva il suo stile di gioco come il migliore mai visto. I racconti al riguardo parlano di lui come il miglior poker player non solamente tra gli ufficiali che ha affrontato, ma anche al di fuori della sua cerchia. Nixon studiò con grande passione e impegno il gioco del poker e la sua teoria. Si dice fosse un abile praticante dell’arte del bluff e non perdeva occasione per mettere in pratica il suo talento al riguardo.
Pare, tra le altre cose, che quando lasciò la Marina aveva accumulato un gruzzoletto non trascurabile. Tanto che riuscì con le sue vincite al tavolo verde a finanziare la campagna elettorale che lo vide aggiudicarsi, nel 1946, il seggio nella U.S. House of Representatives. Le fonti circa l’esatta quantità sono contrastanti, ma sembra che abbia coperto con le sue vincite la quasi totalità dei 10.000 dollari che dovette investire allo scopo. Non proprio spiccioli per l’epoca.
Nonostante Nixon dichiarò più e più volte di non aver quasi mai giocato dopo la discesa in politica, decise comunque di mantenere partite abituali con altri componenti del congresso. Uno di questi, Tip O’Neill, insisteva nel sostenere che Nixon non fosse cosi abile nel gioco, come veniva spesso dipinto. Questo non fu sufficiente a scalfire l’immagine di miglior poker player presidente degli Stati Uniti. La sua nomea era ormai troppo grande. Naturalmente lo stesso non si può dire della sua immagine di politico, devastata inesorabilmente con lo scandalo Watergate. Un disastro tale che lo portò ad essere ricordato come l’unico presidente dimissionario della storia.
A tal proposito il professor Albert Upton, uno degli insegnanti di Nixon al Whittier College, rese bene l’idea con una massima. Quando un biografo gli fece delle domande circa il famoso studente, ha dichiarato che “un uomo che non può giocare degnamente una mano ad un tavolo da poker di alto livello, è inadatto per essere presidente degli Stati Uniti“.
Certo, col senno di poi non si può certo dire il professor Upton ci abbia proprio preso circa il suo studente. Nixon non viene certo ricordato per aver proprio svolto un gran lavoro come presidente, ma di sicuro la massima, come linea di principio generale, è tutt’altro che campata per aria.
Sapere come approcciare il gioco del poker. Organizzare le idee e le risorse per implementare una strategia. Mantenere un setting mentale rilassato pur sotto pressione. Prendere, sotto stress, decisioni complesse con pochi dati a disposizione.
Insomma, le qualità che servono per eccellere nel poker, sono le stesse che aiutano nell’affrontare cariche importanti, addirittura per sedere nello studio Ovale della Casa Bianca.
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