Mentre l’era Mercedes sembra essere arrivata al capolinea Rosberg rivive i momenti più tesi della sua convivenza con Hamilton.
Se il testa a testa con Versappen dello scorso anno non ha ancora smesso di far discutere, il 2016 è altrettanto vivo nella mente dei tifosi di F1. Lewis Hamilton in entrambi i casi a vissuto momenti difficili andati ben oltre lo scontro in pista, e in ambedue le occasioni è uscito con le ossa rotte, costretto a vedere il rivale di turno avere la meglio.
Ma se con Max il confronto è stato acceso come si confà ad una sfida tra scuderie diverse, con Rosberg, è stato qualcosa di più forte, intestino, legato ad un’amicizia di epoca kart presto trasformatasi in ardente desiderio di prevalere sull’altro. Un sentimento reso più complesso dalle estrazioni sociali differenti: figlio d’arte il tedesco, di origine working class l’inglese.
Sebbene il duello Red Bull – Mercedes abbia infiammato gli animi degli appassionati, quello tra Ham e Nico è inarrivabile.
Le frizioni tra i due non si sono mai sopite e ancora oggi non hanno dialogo. Neppure il team principal della Stella Wolff è riuscito a capire cosa ci fosse sotto, il motivo di tanta acredine.
Ricordando quel campionato epocale, il 37enne ha rivelato che addirittura la dirigenza tedesca stilò un codice di condotta per cercare di tenerli a bada. “Sul documento c’era scritto come dovevamo comportarci quando battagliavamo tra noi ed erano presenti penalità con parecchi zero se avessimo infranto le regole. Non c’era altro modo. La sfida era diventata troppo estrema e calda”, ha confessato a Sky F1.
Dalla sua uscita di scena e dal momento dell’ingresso prima di Bottas, poi di Russell, non si è più assistito ad episodi di tale tensione.
“Credo che Toto abbia imparato dalla nostra lezione e che lo stia aiutando molto con George perché deve cercare di non tarpargli le ali, ma allo stesso tempo tenerlo lontano dagli incidenti con il compagno”, ha aggiunto promuovendo le azioni del suo ex capo.
Il fatto poi che il team non stia andando particolarmente bene rappresenta un’ulteriore agevolazione all’intricato compito. “E’ più facile amministrare una line-up quando si corre per l’11esima o 13esima piazza, piuttosto che quando ci si batte per i primi due posti e per l’iride“, ha terminato la sua riflessione.
C’è infatti da scommetterci che per il manager austriaco sarebbe stato molto più critico avere a che fare con un Lewis concentrato sull’ottavo titolo e il giovane vicino di box interessato solo a ben figurare nel confronto diretto.
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