Paolo Simoncelli ricorda il figlio Marco ad oltre dieci anni dalla sua scomparsa. Il genitore e mentore del rider non rimpiange nulla.
Il 23 ottobre 2011 se ne andava Marco Simoncelli, tra le lacrime di tutti gli appassionati del motorsport e non solo. In quel maledetto Gran Premio della Malesia, il rider di Coriano trovò la morte in circostanze impossibili da pensare, travolto dalla Ducati dell’amico Valentino Rossi e dalla Yamaha di Colin Edwards.
La sua Honda Gresini stava partendo per la tangente, ma l’elettronica lo riportò al centro della sede stradale, ed i due piloti che stavano arrivando non poterono nulla per evitarlo. Le immagini furono strazianti sin da subito, con quel ragazzo steso per terra già esanime, ed il casco che era rotolato a diversi metri di lontananza.
Il “Dottore” scoppiò a piangere appena tornato ai box, consapevole che pochi secondi prima era diventato testimone e protagonista del dramma di Simoncelli. Il destino volle che il “Sic” morisse sulla pista che, tre anni prima, nel 2008, gli aveva dato la gloria, ovvero la possibilità di diventare campione del mondo in Classe 250 in sella alla Gilera.
Pochi minuti dopo il crash infernale, ne venne annunciata la morte al centro medico, ed iniziarono i fiumi di lacrime che sono stati versati per mesi interi. Al funerale, parteciparono migliaia di persone, e la certezza è che quel magone che c’era dentro in ognuno di noi in quei giorni difficilmente se ne andrà in futuro.
Una delle persone più colpite, ma al contempo, più forti, è papà Paolo, che in nome di Marco ha deciso di creare anche una fondazione dedicata alla memoria del figlio, ovviamente senza scopo di lucro. Il genitore si è raccontato in una lunga intervista, dove conferma di non avere alcun rimpianto per quanto accaduto.
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Simoncelli, papà Paolo rifarebbe tutto
Il dramma di Marco Simoncelli ha segnato ognuno di noi, perché quella faccia entrava nelle case delle persone e le riempiva di gioia ed armonia. Per i tifosi è stato difficilissimo accettare una perdita del genere, e Paolo ha cercato sin da subito di far forza agli altri per tentare di nascondere il proprio, enorme dolore.
In un’intervista concessa a “Repubblica“, il genitore romagnolo ha parlato del figlio, alla vigilia dell’uscita nelle sale del documentario a lui dedicato: “A Marco piaceva tantissimo correre e dava sempre il massimo, fui io, in quanto appassionato di moto, a spingerlo ad iniziare. E scoprimmo un talento che ci avrebbe fatto divertire negli anni successivi“.
“La cosa che più mi piaceva di Marco era il fatto di restare genuino nonostante il successo. Lo chiamavano per andare ospite in discoteca, ma lui rifiutava sempre i soldi che gli venivano offerti. Quando io gli chiedevo il perché lo facesse, mi rispondeva che era un pilota e non un tronista“.
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Simoncelli era fatto così, e nella sua breve vita è riuscito a farci emozionare ed affezionare. Paolo ha fatto tanti sacrifici per lui, per poi vedere la morte strapparglielo dalle braccia: “Rifarei tutto, perché insieme a Marco abbiamo passato 24 anni straordinariamente felici“.