Da tanti è considerato il migliore. Alla stregua di tanti campioni, però, non sono state solamente le performance strabilianti con le carte a scrivere il suo nome nella storia, ma anche le avventure personali sopra le righe.
Ci sono alcuni giocatori di poker famosi per la loro abilità nel gioco fuori dal comune. Altri sono celebri per le particolari avventure vissute nella vita privata, tra genio e sregolatezza. Altri ancora sono conosciuti per le bravate al tavolo da gioco e fuori. Stu Ungar è il giocatore che racchiude tutte e tre descrizioni.
Tra vincite milionarie, saliscendi incredibili e continui, la vita di Stu Ungar sembra un film. Il famoso campione ha più volte toccato le stelle per poi trovarsi rapidamente a terra. Dopo poco tempo di nuovo a scalare le vette più alte, e dopo di nuovo problemi di droga e autodistruzione. Ripercorriamo oggi la storia di un campione che ha fatto dell’eccesso in ogni ambito un vero e proprio stile di vita.
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Di origini ebraiche, Stuart Errol Ungar nasce a New York nel 1953. Parliamo di un personaggio iconico che da molti è considerato il Maradona del poker. Appellativo assegnatogli non solo per la grande differenza che un talento raro, unito a studio ed esperienza, gli ha permesso di vincere praticamente tutto ciò che si poteva vincere, ma anche per gli eccessi e la folle vita sregolata che riusciva a mantenere tra un successo incredibile e il successivo. Stu ebbe i primi contatti con il mondo del poker e del gioco in generale fin da bambino. Già durante l’infanzia e la prima adolescenza infatti era solito frequentare il bar del padre, luogo di scommesse e gioco d’azzardo.
Il talento del giovanissimo Stuart non fece fatica a farsi notare presto. Vinti i primi tornei di Gin Rummy (chiamato anche Gin, è un gioco di carte abbastanza simile alla nostra Scala 40), il nome di Stu Ungar iniziò a circolare nel giro e, nonostante l’età, aveva già una reputazione non indifferente. All’età di soli 10 anni vinse il primo torneo e a soli 14 anni Stu Ungar era considerato il più forte giocatore di Gin Rummy di tutta New York. Un vero enfant prodige.
Nel 1968 Stu Ungar, ancora quindicenne, perse il padre e la tragedia investì ciò che restava della sua famiglia. Il giovane Stu doveva ora prendersi cura della madre e della sorella, ormai senza altri appoggi su cui contare. Grazie al successo nei tornei di Gin Rummy, l’adolescente Stuart iniziava a dare una mano finanziariamente alla famiglia, ma buona parte delle sue vincite finivano dilapidate in corse di cavalli, scommesse e qualsiasi gioco d’azzardo. In questo frangente Stu Ungar entra anche in contatto con Victor Romano, una persona ritenuta vicina alla cosca mafiosa dei Genovese.
Dopo qualche anno, un ormai adulto Stu Ungar si trasferisce a Miami e poi a Las Vegas, dove conosce Madeline, una bellissima ragazza che diventerà la sua futura moglie. La donna aveva già un figlio e in seguito ebbero una bambina insieme. Ancora giovanissimo Stu Ungar iniziò ad avere qualche difficoltà a giocare a Gin Rummy. Paradossalmente era talmente forte che nessun altro giocatore voleva più confrontarsi son lui, sapendo già di andare incontro a una sconfitta quasi certa. Da lì il “ripiego” sul poker.
Il talento incredibile di Stu Ungar ha permesso al ragazzo di passare senza problemi dal Gin Rummy al poker, mentenendo una sorta di quasi imbattibilità. La sua vita privata, già problematica a causa delle cattive frequentazioni e dall’uso abituale di cocaina per reggere i ritmi di gioco forsennati che si dava, stava rovinosamente per andare di nuovo a rotoli. Richi, il suo figlio adottivo, il primo figlio della moglie, morì tragicamente suicida subito dopo il ballo scolastico. Questo fatto, a poca distanza dalla morte della madre, ha rappresentato per Stu Ungar un vero e proprio tracollo emotivo. Il suo rapporto con la cocaina divenne ancora più problematico. Stuart non sembrava più in grado di gestire la cosa. Qualche anno dopo arriva anche il divorzio.
L’abuso di droga stava diventando un problema serissimo, tanto che durante le World Series of Poker 1990 Stu fu trovato svenuto nella sua camera d’albergo in seguito ad un’overdose che per puro caso non l’ha spento per sempre.
Fun Fact: Le fiches accumulate nei primi giorni di gioco, gli permisero comunque di classificarsi, senza sedersi al tavolo, al 9º posto. Incassando 20.500 dollari.
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Gli anni successivi proseguirono tra alti e bassi continui. Le sue finanze erano peggio delle montagne russe. Alternava vincite stellari ad altrettanto sostanziose perdite ai cavalli. L’abuso di cocaina lo costrinse addirittura ad effettuare una rinoplastica per limitare i danni dovuti al collasso delle narici. Siamo nel 1997 e Stu Ungar è nuovamente indebitato fino al collo. L’amico Billy Baxer gli presterà i $10,000 necessari all’iscrizione al Main Event delle World Series of Poker. I segni dei continui abusi di droga erano evidenti sul volto e sul corpo di Stuart, ma le sue abilità nel gioco erano ancora perfettamente intatte.
Durante il torneo Stu tenne una foto della figlia Stefanie nel portafoglio, e la chiamò regolarmente per aggiornarla sui suoi risultati. Stu Ungar vinse il primo premio dell’evento, segnando un record ancora imbattuto. Fu l’unico infatti a vincere ben tre titoli, coronando una delle carriere nel poker più incredibili di sempre, nonostante la brevità. Ungar fu soprannominato per l’occasione “The Comeback Kid” (Il ragazzino ritornato) per il lungo periodo (sedici anni) intercorso tra il primo titolo del 1980 e l’ultimo, quello del 1997.
Ungar prosciugò rapidamente gli enormi incassi derivati dal titolo mondiale. Neanche a dirlo, scommesse, cavalli e cocaina. La figlia Stefanie si spese enormemente per sostenerlo e accompagnarlo in vari percorsi di recupero e disintossicazione, ma ogni volta, dopo poche settimane di respiro, Stu Ungar veniva nuovamente risucchiato nel vortice distruttivo delle sue disastrose dipendenze. Siamo a poco tempo dall’edizione 1998 del World Series Of Poker quando Baxter offrì di nuovo la sua disponibilità a prestare al malconcio Stuart i soldi per l’iscrizione all’evento. A pochi minuti dall’inizio del torneo Ungar disse all’amico che non si sentiva in grado di giocare e che preferiva evitare del tutto, piuttosto che andare sotto i riflettori in quelle condizioni pietose.
Le settimane successive videro Ungar scomparire e già si preannunciava il triste capolinea della sua avventura terrena. Viveva girando tra vari hotel di Las Vegas e ormai non lasciava quasi più la sua stanza. Alcuni riferiscono di averlo visto mendicare fuori da qualche poker room dicendo che avrebbe voluto riprendere a giocare, ma la realtà è che gli servivano soldi per comprare il crack, che avrebbe cominciato ad assumere al posto della cocaina dal momento che ormai le sue narici erano distrutte e non riusciva più a sniffare. In quel periodo Ungar fu anche arrestato per possesso di stupefacenti.
Il corpo senza vita di Stu Ungar fu rinvenuto nella sua stanza all’Oasis Motel di Las Vegas. Aveva con sé 800 dollari, tutto ciò che rimaneva di un prestito concessogli una settimana prima, sempre dall’amico Billy Baxter, per tornare ai tavoli da poker. Ungar perse molti di quei soldi in una partita con posta in gioco molto alta al casinò Bellagio. Della restante parte dei soldi di quel prestito non si ebbero però notizie. Nonostante l’autopsia rivelò tracce di stupefacenti nel sangue di Ungar, non erano in quantità tale da attribuire a questo la dipartita del campione. Il medico legale concluse quindi che la causa della morte fosse da attribuire ai danni cardiaci causati dagli anni di continuo abuso.
Nonostante i circa 30 milioni di dollari vinti in carriera, Ungar morì senza lasciare beni a suo nome. Il suo amico Bob Stupak addirittura dovette organizzare una colletta per pagare le spese per il funerale. Stu Ungar fu inserito nella Poker Hall Of Fame nel 2001. Sulla sua vita è stato prodotto nel 2003 un film intitolato “High Roller: The Stu Ungar Story”. In suo onore sarà proprio la figlia Stefanie a pronunciare le parole “Shuffle up and deal” (cioè la frase di inizio di ogni torneo di poker) al Main Event delle World Series Of Poker del 2005.
La biografia di Stu Ungar, che sembra letteralmente la sceneggiatura di un film per quanto sembri incredibile, ci regala alcuni aneddoti e curiosità davvero particolari. La prima curiosità riguarda il primo titolo mondiale vinto da Stu “The Kid” Ungar nel 1980. La vittoria del primo premio al Main Event delle World Series Of Poker, che gli permise di guadagnare anche il titolo di giocatore più giovane ad aver mai conseguito tale titolo, si trattava in realtà della prima partita a Poker Texas Hold’Em mai giocata dal giovane Stuart. Sconfiggere i più forti giocatori al mondo durante la propria prima partita a quella variante, se non è da talento della natura questa impresa, non si sa cosa possa esserlo.
Curioso anche il fatto che Stuart venne bannato dai tavoli di blackjack di qualsiasi casinò in cui provava a giocare. La sua abilità nel contare le carte e calcolare all’istante come battere il banco lo rendevano un tormento per le case da gioco, che non sapevano come fargli smettere di sbancarle, se non allontanandolo dai tavoli con la forza. Un po’ rivivendo la sua fanciullezza, quando non poteva più giocare con nessuno a Gin Rummy perchè considerato imbattibile.
Si potrebbero riportare infinite prove del genio del nostro campione, ma una in particolare rende l’idea del livello di ciò che ci si poteva aspettare trovandosi Stu Ungar dall’altra parte del tavolo. Era il 28 febbraio del ’91, quando Stu Ungar stava giocando Heads Up contro Mansour Matloubi.
Stu ha in mano 10
Flop: 3
Stu Ungar fa bet e trova il call di Matloubi.
Turn: K
I due fanno entrambi check.
River: Q
A questo punto Matloubi va all in provando a spaventare il nostro Stu e indurlo al fold. Con tutta la pacatezza del mondo Ungar lo guarda e gli dice: “Hai mancato il progetto di scala e ora provi a rubare il piatto, dovresti avere qualcosa come 4-5 oppure 5-6”. Stu quindi chiama e vince il piatto con 10 carta alta, facendo quello che verrà ricordato come il Call del secolo.
Questo era Stu Ungar. Un raro talento al tavolo, un folle senza freni nella vita.
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