L’incidente del cinese Zhou a Silverstone ha mostrato come l’Halo, introdotto qualche anno fa dalla FIA, sia sempre più necessario.
La F1 si è già buttata a capofitto nel prossimo appuntamento, quello del GP d’Austria, ma fa ancora discutere quanto accaduto a Silverstone pochi giorni fa. La Ferrari che vince con il “pilota sbagliato”, ossia quel Carlos Sainz Jr che fa comunque sua la prima vittoria in carriera, mentre Charles Leclerc non approfitta del primo vero problema tecnico di Max Verstappen non solo non vincendo ma neanche arrivando sul podio per colpa di nuovo di una decisione errata del muretto box. Ma anche la Mercedes, che con Lewis Hamilton torna grande e promette battaglia dai prossimi GP con una vettura che incredibilmente sembra essere riuscita a colmare gran parte del gap iniziale.
Ma è stata soprattutto la questione sicurezza a essere uno dei temi centrali del weekend del GP di Gran Bretagna. Perché quanto accaduto al pilota Alfa Romeo Guanyu Zhou ha fatto e non poco riflettere sull’importanza del dispositivo Halo montato sulle monoposto e su cosa poteva accadere se questo non fosse stato installato sulle vetture di F1.
Le immagini hanno fatto il giro del mondo. George Russell che tocca la vettura del cinese, l’Alfa che si cappotta e il roll bar colpevolmente (e in modo preoccupante) che si spezza, lasciando solo l’Halo a proteggere la testa del pilota, con le scintille che circondano il suo casco, mentre la vettura procede a buona velocità prima sulla ghiaia e poi oltre le barriere di gomme, per finire la sua corsa sulle reti di protezione per la tribuna.
I minuti senza immagini hanno creato uno choc, con la F1 che è tornata a vivere attimi di terrore puro. Ma ancora una volta “San” Halo ha fatto il suo dovere e ha salvato una vita. La conferma dello stesso Zhou non serviva. Parlavano chiaramente le immagini. Un dispositivo introdotto nel 2018 e da molti osteggiato perché ritenuto ingombrante, soprattutto alla vista dei piloti, si è confermato come uno dei sistemi di sicurezza più importanti introdotti nel Circus. Lo avesse avuto Jules Bianchi in quel GP del Giappone del 2014 lo avremmo avuto ancora tra noi. Fu proprio quell’episodio che spinse la FIA ad accelerare per trovare un dispositivo tale che potesse evitare tragedie come quelle.
Secondo una simulazione effettuata dalla Federazione Internazionale, l’uso dell’Halo (che pesa solo 9 chilogrammi e da solo riesce a sostenere più di 12 tonnellate) in questi anni ha portato ad un aumento del 17% del tasso di sopravvivenza dei piloti. Basti pensare proprio alla serie di incidenti gravi accaduti proprio negli ultimi anni in F1 e non solo. Già nell’anno della sua introduzione fu Charles Leclerc, allora debuttante sull’Alfa Romeo, a salvarsi da un contatto pericoloso con la ruota della McLaren di Fernando Alonso. Nel 2019 fu la volta di Lewis Hamilton, che non avesse avuto l’Halo si sarebbe visto piombare un pezzo della Ferrari del monegasco proprio sul casco, come accadde nel 2008 in Ungheria con conseguenze quasi tragiche a Felipe Massa. Inglese salvato una seconda volta lo scorso anno a Monza, quando la Red Bull di Max Verstappen gli finì sopra e per poco la ruota posteriore non lo colpì sul casco: fu l’Halo a tenerla lontana.
Ma il caso più eclatante è stato senz’altro quello di Romain Grosjean, che in Bahrain nel 2020 sopravvisse al rogo della sua Haas grazie proprio al dispositivo introdotto dai vertici della F1, che squarciò le lamiere che con ogni probabilità lo avrebbero ferito mortalmente nell’impatto. Per non parlare poi del caso accaduto in F2 proprio qualche ora prima, con l’auto di Hauger che ha colpito con il fondo piatto l’Halo della vettura di Nissany, passandogli letteralmente sopra dopo essere decollata su un cordolo in seguito a un’escursione di pista. Tutti eventi tragici evitati da questo dispositivo “antiestetico”, come definito da molti (anche piloti), ma che oggi più che mai si è rivelato una salvavita necessario in F1 e non solo.
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